Nel pantano libico arrivano gli emissari di Erdogan
La Libia continua ad affondare nel sangue d’uno stillicidio di scontri di tutti contro tutti: a Bengasi, uno degli epicentri della mattanza fra milizie islamiche e jihadisti da un canto, e la gente del sedicente generale Heftar e del cosiddetto Esercito libico dall’altro, i morti si contano a centinaia. È di mercoledì la notizia d’una tregua di 12 ore, concordata per permettere l’evacuazione dei civili e dei feriti.
Ad aggiungere confusione su confusione, la Suprema Corte Costituzionale, a inizio mese, ha invalidato le elezioni farsa del 25 giugno che hanno espresso il Parlamento e il Governo fin’ora riconosciuto dalla comunità internazionale, retto dal Premier Al-Thani, che si riunisce a Tobruk.
In questo caos totale, che prefigura già l’ennesima guerra per procura fra le potenze regionali, la Turchia di Erdogan che, insieme al Qatar, appoggia apertamente gli islamisti della coalizione “Alba”, sgomita per inserirsi e trovare visibilità, dando radici ai suoi interessi (leggi petrolio e gas).
È del 25 ottobre scorso il viaggio di Emrullah Isler, inviato speciale del Presidente turco; dapprima, per salvare la faccia s’è recato a Tobruk per incontrare il Presidente di quel Parlamento e il Premier che esprime, ma subito dopo è volato a Misurata, sede della più importante milizia che appoggia il fronte degli islamisti di “Alba”, e del maggiore aeroporto ancora in funzione nel Paese, dopo la distruzione di quello di Tripoli nel corso della lunga battaglia per la sua conquista, e l’impossibilità di utilizzare quello di Bengasi per gli scontri in corso nei suoi pressi. Poi è andato a Tripoli, dal capo del Governo insediato dagli islamisti dopo la conquista della Capitale; primo rappresentante di uno Stato straniero ad aver avuto un incontro con l’auto proclamato Premier Al-Hassi.
Nel corso della visita, è stato annunciato che la Turkish Airline (la compagnia di bandiera di Ankara) avrebbe ristabilito i voli fra Istanbul e Misurata già dal 27 ottobre, prima compagnia aerea a riprendere i collegamenti con la Libia o, quantomeno, con quella parte sotto il controllo della coalizione “Alba”. Nel frattempo, secondo un copione più che collaudato, due aerei cargo turchi carichi di armi e munizioni, destinate alle milizie che combattono Heftar e l’Esercito libico, sono atterrati a Misurata il 24 e il 25 ottobre, primi di quella che sarà una lunga serie.
Divisioni settarie e dissoluzione dello Stato, perdita della sovranità, enormi interessi economici in ballo: ci sono tutti gli ingredienti per spalancare le porte agli appetiti delle potenze regionali e d’oltre mare e scatenare un’altra guerra (o un’altra “nobile” missione internazionale) pagata col sangue e le sofferenze del popolo libico.