Nave svedese carica di aiuti umanitari in viaggio verso Gaza
Domenica 3 maggio una nave svedese, la Marianne, che fa parte della Freedom Flotilla III, è salpata dal porto di Göteborg e farà scalo in molti porti tra cui quelli di Helsingborg, Malmö e Copenaghen prima di giungere a Gaza. La nave, con un equipaggio di cinque membri e otto passeggeri, trasporta pannelli solari e attrezzature mediche. L’organizzazione da anni chiede la fine immediata del blocco navale di Gaza, l’apertura del porto di Gaza e un passaggio sicuro per i palestinesi tra la Cisgiordania e la Striscia. Già nel 2010 Israele aveva attaccato la Mavi Marmara, una delle imbarcazioni battente bandiera turca che faceva parte di un convoglio di sei navi e che era partita dalla Turchia nel tentativo di rompere l’assedio su Gaza. In quel caso ci furono 9 morti, tutti cittadini turchi e 50 feriti.
Le autorità israeliane, per fermare la Flottilla, non esitarono a ricorrere alla forza, scagliandosi contro un gruppo pacifico e disarmato; lo stesso trattamento che riservano da sempre alla popolazione inerme di Gaza e Cisgiordania. Anche in questo caso, le autorità israeliane si sono affrettate a dichiarare che fermeranno chiunque tenti di forzare il blocco navale imposto sulla Striscia. Emmanuel Nachshon, portavoce del ministero degli Esteri israeliano, ha dichiarato che: “Israele non consentirà a delle imbarcazioni non autorizzate di entrare nelle sue acque territoriali. Se le cosiddette flottiglie di Gaza sono veramente interessate al benessere della popolazione avrebbero dovuto inviare i loro aiuti attraverso Israele; con questo atto dimostrativo vogliono solo provocare una reazione”.
Interessante notare che Nachshon definisce “acque territoriali israeliane” quelle antistanti la Striscia di Gaza, e quindi a sovranità palestinese. Ricordiamo anche che la Mavi Marmara fu attaccata nel 2010 in acque internazionali e che dal 1994, anno degli Accordi di Gerico che sancivano la sovranità palestinese a 20 miglia nautiche dalla costa, Israele non ha rispettato gli accordi, sottraendo l’85% delle acque territoriali a sovranità palestinese e portando il limite reale a 3 miglia nautiche. Nachshon finge anche di ignorare che quando gli aiuti devono attraversare i valichi israeliani entrano con il contagocce, in quantità irrisorie rispetto al fabbisogno reale della popolazione gazawi, sotto assedio feroce e illegale dal 2007.