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Sicilia: la storia infinita e vergognosa della Fiat di Termini Imerese

di Salvo Ardizzone

Dopo tre anni di stucchevoli trattative, per l’ex stabilimento Fiat di Termini Imerese tutto è tornato in alto mare; tutto, ma non i licenziamenti del personale che, esaurito il periodo coperto dagli ammortizzatori sociali, fra 15 giorni verrà mandato a spasso.

In questa storia grottesca e tutta italiana, si sono succeduti una miriade d’improbabili pretendenti alla reindustrializzazione del sito; ad attirarli come le mosche c’erano (e ci sono) i 290 milioni dell’accordo di programma che prevede lo stanziamento di 140 ml da parte della Regione Sicilia e 150 da parte dello Stato.

L’ultimo della serie, la Grifa, era una società nata nel marzo scorso, di proprietà della Energy Crotone 1, una società con sede a Bolzano, che avrebbe dovuto occuparsi di energia eolica malgrado non ci sia traccia alcuna di quest’attività e, a dire il vero, di nessun’altra, visto che l’ultimo bilancio l’ha depositato nel 2007. A Termini avrebbe dovuto investire 350 ml per produrre 35mila auto all’anno: 100 ml di capitali propri e 250 di soldi pubblici.

Peccato che, dopo un tira e molla ridicolo, improbabili coinvolgimenti di società straniere e una girandola di fax, rassicurazioni e montagne di carte senza senso, dei soldi che avrebbe dovuto mettere non ce n’era traccia visto che anche i 25 ml di capitale sociale erano rappresentati dalle quote della fantomatica Energy Crotone. Insomma, un’operazione da magliari a cui per mesi e mesi hanno dato credito il Mise (Ministero per lo Sviluppo Economico) e la Regione Sicilia.

Giorno 16 scorso, il Mise, dinanzi ai sindacati, ha finalmente dovuto prendere atto di quello evidente anche a un bambino e, scartata la Grifa, ha messo in campo un’altra soluzione: il Gruppo Metec. Almeno questo si occupa di componentistica e una certa consistenza ce l’ha (242 ml di fatturato nel 2013), ma anche qualcosa di strano, visto che è legata a doppio filo con la Fiat e i suoi manager provengono quasi tutti da lì; inoltre non si sa nulla del piano industriale, solo che intende costruire componentistica nell’immediato e poi auto. Punto.

Il fatto è che tempo non ce n’è più: col 1° gennaio i 1.100 lavoratori rimasti in carico al sito verranno licenziati e dell’operazione salvataggio tanto pubblicizzata non se ne parlerà più; così, dopo aver bruciato inutilmente tre anni, si finisce a dover giocare a testa o croce il destino di quelle famiglie e 290 ml di soldi pubblici.

È l’ennesima dimostrazione dello squallore d’una classe dirigente indegna di questo nome, capace solo di organizzare “affari” opachi per gli “amici degli amici”; è l’ennesima dimostrazione dello spudorato cinismo d’una classe politica che gioca con le vite della gente, come il nostro premier Renzi, quando, ad agosto, nella sua comparsata siciliana, indossando l’aura del salvatore venne ad annunciare ai quattro venti l’interessamento al sito della Brillance China Automotive, salvo essere smentito dal Ministero, che di manifestazioni d’interessi cinesi non ne aveva proprio, né piccole, né grandi.   

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