Myanmar: si fa sempre più violento lo scontro tra regime ed etnie ribelli
Continua con estrema brutalità la campagna repressiva portata avanti dal regime militare birmano contro le tante etnie presenti nel Paese.
Il Capo degli Affari Militari del Myanmar, il tenente generale Mya Htun Oo, ha dichiarato ieri nel corso di una conferenza stampa nella capitale Naypyidaw, che 61 tra soldati e poliziotti e circa 72 ribelli sono stati uccisi dopo la recente ondata di scontri scoppiati il 9 febbraio, quando i ribelli hanno attaccato le truppe dell’esercito nel nord-est dello Stato di Shan.
Più di 30mila persone sono fuggite dall’area nei pressi del confine cinese, dopo che l’esercito ha lanciato un pesante attacco contro i ribelli. Il funzionario militare birmano, tuttavia, non ha fornito alcuna cifra esatta sul numero di civili che potrebbero essere stati uccisi negli scontri.
Lo scontro armato in corso, il più letale dal 2009, si è sviluppato intorno alla città di Laukkai nella regione del Kokang. Gli sforzi per l’evacuazione delle comunità sono stati ostacolati in seguito a un attacco contro un convoglio della Croce Rossa, in cui sono rimasti feriti due operatori umanitari. Il governo ha accusato i ribelli dell’attacco, ma questi ultimi hanno escluso il loro coinvolgimento nell’attacco.
I ribelli etnici della National Democratic Alliance Army, conosciuti come i ribelli Kokang, hanno dichiarato la loro volontà di continuare a combattere fino al raggiungimento della propria indipendenza. L’insurrezione ha seriamente minato gli sforzi del governo per raggiungere un cessate il fuoco a livello nazionale in vista delle elezioni generali previste per la fine dell’anno.