Muos: Davide contro Golia
Ogni tanto c’è qualcuno che pensa di essere al di sopra delle regole. Qualcuno talmente grande e potente da rifiutare che anche per lui valga quel florilegio di leggi e normative con cui i comuni mortali devono sempre fare i conti. Costoro sono i colossi, di ogni genere e natura. Sono l’espressione di un bullismo extrascolastico che fa apparire ridicolo ogni tentativo di opporvisi e combatterli, perché il confronto sarebbe talmente impari da far desistere tutti. Talvolta, però, le cose vanno diversamente e accade che il colosso si debba confrontare con la gente comune, con gli abitanti di quei territori che aveva preso di mira e che, diversamente dalle previsioni, si rivelano avere schiene dritte, teste alte e voci che non rinunciano a farsi sentire.
Quella del No Muos è una di queste esperienze eccezionali che si discostano dalla sudditanza psicologica verso il potente di turno e riescono a ricordarci che la sovranità è del popolo. E sempre nostra è la responsabilità per la cura della nostra salute e la tutela del nostro patrimonio ecologico e artistico. Sono valori talmente importanti che non possiamo delegarli ad altri.
Ieri era l’anniversario della morte di Malcom X e sua era la frase: “Nessuno vi può dare la libertà. Nessuno vi può dare l’uguaglianza, o la giustizia o altro. Se siete uomini, prendetevela”.
Credo che da qui sia opportuno ripartire, perché questo è quello che abbiamo visto a Niscemi. Finalmente un’esperienza di democrazia partecipata, dove la gente è stata disposta a investire il suo tempo e la sua voce, per riuscire pacificamente a riconquistare quello che un tempo era un suo diritto e ora appare di dominio esclusivo di banche e multinazionali.
In ultima analisi la vicenda Muos ha esplicitato come per le multinazionali, per i grandi eserciti e per i colossi di ogni genere appaia tutto sacrificabile pur di ottenere il loro scopo. La cittadinanza di Niscemi (donne, anziani e bambini compresi), nella loro scala di valori, può benissimo ammalarsi di qualsiasi tumore, la cosa non importa se quel sacrificio permette la realizzazione dei loro mausoleo bellico. I futuri morti non sarebbero altro che un effetto collaterale accettabile nella cura a quel mostro chiamato terrorismo. Del mostro chiamato tumore, a loro e alla nostra classe dirigente, pare non importi. E’ per questo che è toccato, e in futuro ancora toccherà alla gente del luogo, agli ambientalisti e a pochissimi politici di professione opporsi alla base dei militari statunitensi. Questo perché il mondo degli ambientalisti è ancorato a una serie di valori di forte connotazione culturale e a basso contenuto di ambizione al potere o al privilegio, tanto che i suoi attori vengono percepiti come illegittimi. Un gruppo di attori non autorizzati ad andare in scena, poiché semplici cittadini, movimenti frutto dell’alleanza della gente che nulla hanno a che fare con i poteri istituzionali, ad un certo punto irrompe nell’agorà politico e pretende di rappresentare la gente, vittima delle scelte piovute dall’alto.
La sentenza del Tar Sicilia, oltre alle mille considerazioni da altri già svolte, sembra veicolare anche questo messaggio: quando la gente si muove senza secondi fini e unita fa valere il diritto ad avere una vita normale, diventa artefice del proprio destino e riesce a sconfiggere il gigante, che altri, per pigrizia o peggio per interesse, non avevano osato contrastare. Lo spettacolo di un gruppo di associazioni, di un pugno di Comuni e di semplici cittadini che insieme si oppongono a un colosso politico militare, che per profitto e per miopia pone in serio pericolo la vita di diverse comunità, è tale che non vi si può assistere senza partecipare all’entusiasmo dei vincitori.
In tanti hanno lottato armati solo di verità, nell’interesse esclusivo del loro legittimo diritto di poter vivere al riparo da rischi certi per la salute. Chi ha preferito mettere a repentaglio il naturale svolgimento della vita di migliaia di niscemesi, nascondendosi dietro alla pretestuosa impossibilità di provare un nesso di causalità tra l’incremento delle malattie tumorali e la presenza della base Usa in quel territorio, oggi può riflettere su quanto semplice sarebbe stato riconoscere da subito l’irregolarità di quel complesso di antenne, costruite peraltro a poche centinaia di metri dalle prime case di Niscemi. Certo occorrerà che l’inchiostro della sentenza si asciughi e non mancheranno i ricorsi e gli appelli alla decisione del Tar Sicilia, ma per ora sia concesso ai tanti attivisti di festeggiare la vittoria del buon senso sul servilismo e sul profitto. Questo parziale risultato fa in parte giustizia per i torti del passato, ma soprattutto pone un tassello importante per la serenità futura di tutti i siciliani.