Mosca, primo missile balistico sottomarino al mondo
Il 27 novembre i russi hanno testato con successo il primo missile balistico sottomarino al mondo; ad affermarlo con sicurezza sono le agenzie di Intelligence Usa. A lanciarlo sarebbe stato un sottomarino classe Sorov, progetto 20120, considerato un banco di prova per sistemi d’arma innovativi e nuovi reattori.
Lo Status-6, è questo il nome del missile balistico, “Kanyon” per il Pentagono, è stato oggetto di una riuscita operazione di disinformazione messa in atto dai russi nel novembre dell’anno scorso. Allora, durante un incontro fra il Presidente Putin e i vertici della Difesa svoltosi a Sochi, i media ripresero per “errore” i grafici dello Status-6, secondo i quali il test in mare del prototipo era previsto per il 2019.
Gli analisti Usa, con la solita arroganza, pensarono a un bluff dei russi che intendevano far credere al mondo che, in un tempo relativamente breve, avrebbero messo a punto un sistema d’arma assolutamente innovativo. Che la “svista” fosse troppo plateale per essere reale era evidente, concetto suffragato dalle “morbide” reazioni all’incidente, ma Mosca intendeva coprire dalle attenzioni dell’Intelligence Usa il fatto che il progetto era già maturo e sul punto di essere testato. Operazione, a quanto pare, riuscita in pieno, dando alla Russia un vantaggio incalcolabile in termini di deterrenza.
Lo Status-6, ovvero Ocean Multipurpose System, è un siluro a propulsione nucleare progettato per provocare danni insostenibili, contaminando vaste aree costiere di un eventuale avversario rendendovi la vita impossibile. Un siluro che, secondo le stime, dovrebbe avere un’autonomia di 10mila Km, una capacità d’immersione di 1000 m. e una velocità di 100 nodi; insomma, un’arma che per le sue caratteristiche sarebbe in grado di surclassare qualsiasi difesa Nato, portando una testata al cobalto sull’obiettivo. Appunto: un’arma nucleare strategica, in pratica un missile balistico sottomarino.
Un missile balistico progettato per essere un sistema di rappresaglia qualora gli Usa (o chiunque altri) dovessero scatenare un attacco preventivo, con la caratteristica unica al mondo di rendere inutile qualsiasi scudo antimissile, perché viaggia in maniera non intercettabile, né rilevabile, nelle profondità marine.
È ovviamente uno scenario che evoca i tempi della Guerra Fredda, ma è una polizza d’assicurazione per la Russia che, quand’anche fosse distrutta da un attacco nucleare improvviso, non solo disintegrerebbe gli aggressori con la sua “triade” nucleare classica (costituita da missili balistici basati a terra, su aerei e su sottomarini) che attacca dal cielo, ma con lo Status-6 renderebbe un deserto radioattivo le loro coste, il mare, le piattaforme petrolifere, etc, senza che allo stato possa essere opposta alcuna difesa.
In realtà, ciò che persegue Mosca non è una nuova corsa al riarmo con gli Usa in stile anni ’80 per ottenere una supremazia militare globale, al momento obiettivo velleitario per le attuali risorse russe e del resto neanche ricercato perché ritenuto inutile. È invece la realizzazione di una credibile deterrenza nei confronti dell’aggressività di Washington, e la riedificazione di un valido strumento militare capace di tutelare gli interessi politico-economici di una superpotenza eurasiatica qual è la Russia.
di Salvo Ardizzone