Monte dei Paschi di Siena: l’apertura del vaso di pandora
L’inchiesta Monte dei Paschi di Siena, resa nota il 22 gennaio scorso dalle procure di Siena, Roma e Trani, è divenuta uno skill fondamentale della campagna elettorale. I naturali indagati sono i dirigenti della sinistra ex diessina e della banca senese, ma in questi giorni si è delineata l’immagine di una piramide di corresponsabili. Cercheremo di ricostruire questa piramide dalla base verso la punta, che al momento è tronca, e sembra toccare gangli di tutto l’apparato statale, come una nuova Tangentopoli.
Innanzitutto è bene tenere a mente chi decide in questa banca, dato che è un funzionamento unico in Italia. La principale azionista della banca è la Fondazione Mps, che è gestita dal Comune di Siena, dalla Provincia, dalla Regione Toscana, dall’Università, dall’Arcidiocesi. Il territorio senese è sostanzialmente un sistema pubblico monitorato da ex diessini. Il Partito Democratico, al potere negli enti senesi, nomina infatti 14 dei 16 consiglieri della Fondazione.
Negli ultimi dieci anni la Fondazione Mps ha cambiato governance. Ha cominciato a vendere gli immobili di sua proprietà e ha guadagnato enormi plusvalenze dai mutui rilasciati. Ma, invece di investirli in credito ai risparmiatori locali, ruolo naturale di una banca, ha cominciato ad elargirli a pioggia su 50mila abitanti. L’Università, Il Palio, la squadra di calcio, sono solo gli esempi più tangibili. Tutti in città, trasversalmente, hanno beneficiato di questa ricchezza, motivo per cui non c’è stata una dialettica sull’andamento negativo del bilancio. Nicola Scocca, l’ex dirigente Mps ribattezzato dai media “gola profonda”, è stato silurato per aver denunciato in Cda come le erogazioni stessero prosciugando le casse.
I manager Mps Giuseppe Mussari e Antonio Vigni decidono dal 2005 di aggiustare il buco del bilancio comprando bond Fresh e derivati, entrambi giochi di azzardo. I primi sono obbligazioni convertibili in azioni che si possono considerare capitale della banca, dunque gonfiano il bilancio. I secondi sono titoli dipendenti da altri prezzi e beni. Da questo momento Mps smetterà di esercitare il ruolo principe di una banca e diviene speculatrice di costruzioni finanziarie. Ma lo farà con i soldi puliti degli ignari clienti. Vengono così comprati gli strumenti Alexandria (2005), Nota Italia (2006), Santorini (2008), ma, con la crisi dei mutui e il crack di Lehman Brothers del 2009, essi divengono tossici. Le perdite Mps per queste tre operazioni dal 2005 ad oggi si aggiranno attorno ai 730 milioni.
Mps nel 2007 decide di comprare a casse vuote la padovana Antonveneta dal banco spagnolo Santander ad un prezzo maggiorato, e questo è stato il punto interrogativo che ha fatto scattare le indagini.
Per abbellire il bilancio in vista dell’acquisizione, Mps in questo periodo cederà alla banca giapponese Nomura titoli in perdita del derivato Alexandria, dei btp trentennali, in cambio di una dispendiosa contropartita. Il buco di Alexandria si aggira attorno ai 220 milioni, la contropartita in 3 miliardi di euro.
La contrattazione Mps – Santander si aggira sui 9.3 miliardi di euro, ma la spesa totale per Mps è stata di 19 miliardi a causa di 7.9 miliardi di debiti di Antonveneta. Gli spagnoli imposero l’assenza della clausola due diligence, ovvero l’acquisto al buio senza valutazione finale dell’istituto. La Santander due anni prima aveva acquisito Antonveneta per circa 6 miliardi. L’ex presidente del collegio sindacale Mps Tommaso Di Tanno ne aveva stimato il patrimonio in 2.3 miliardi. E’chiaro come nessuna banca l’avrebbe comprata, figuriamoci una banca in rosso. L’indagine verte su un accordo segreto fra Mps, Santander, JP Morgan, per far lievitare il prezzo di Antonveneta e spartirsi le plusvalenze. Sarebbe una truffa della dirigenza Mps a danno degli azionisti.
La JP Morgan ha infatti acquistato un bond Fresh di un miliardo di euro che ora appare come un prestito.
Nella copertura del prezzo Antonveneta spuntano anche due conti correnti intestati a manager Mps e aperti allo Ior, la banca vaticana. Il banco Santander è anch’esso in aura vaticana dato che il suo presidente Emilio Botin è vicino all’Opus Dei. La procura di Roma seguirà in indipendenza proprio il filone Ior – Mps.
La gestione dei giochi finanziari è opera della famigerata “banda del 5 %”: finora cinque indagati che su ogni operazione illecita hanno preso come mazzetta questa percentuale. La banda è composta dai dirigenti Mps Gianluca Baldassarri e Matteo Pontone, alcune agenzie finanziarie, brokers. La società di brokeraggio Enigma Securities a Milano in particolare era un tramite fra Mps ed altre fiduciarie, comprava e rivendeva prodotti finanziari in modo scorretto, ad esempio ritardando la registrazione dei titoli comprati. E ricavava un profitto che veniva poi spartito nella banda. Inoltre in cambio delle stecche alcuni dirigenti Mps facevano il doppio gioco e acquistavano pacchetti di titoli con derivati con forti perdite. La Guardia di Finanza finora ha sequestrato 40 milioni di stecche fra titoli e liquidi rientrati in Italia con lo scudo fiscale.
Gli inquirenti stanno inoltre monitorando otto bonifici sospetti spostati da Mps tra il maggio 2008 e l’aprile 2009 per un totale di 17 miliardi di euro. Il primo a favore della Abm Amro Bank di Amsterdam. Cinque bonifici indirizzati alla Santander. Gli ultimi due sono a favore dell’Abbey National Tresury Service Plc di Londra. Parte dei 17 miliardi si crede siano rientrati in Italia con lo scudo fiscale.
Un altro filone al vaglio delle procure riguarda gli accorgimenti fra il 2005 e il 2006 con i quali Mps ha fatto la cresta nei bilanci per evitare la tassazione su 120 milioni di plusvalenze ottenute acquisendo azioni di Unipol.
«Italian bank was aided by covert loan»: con un “ prestito nascosto” il Wall Street Journal ha pubblicato un’inchiesta sui finanziamenti della Banca d’Italia a Mps. A fine 2011 due miliardi di euro sono stati prestati per supplire alla mancanza di liquidità, e simulare stabilità di bilancio con la BCE. Mario Draghi, presidente BCI in quel periodo, ha difeso l’operazione dell’istituto definendola corretta e veloce. In questo accordo sono chiamati a rispondere con Bankitalia anche la Consob e il Ministero del Tesoro. Gli azionisti Mps hanno certificato in procura come dal 2008 al 2011 avessero ripetutamente avvisato questi tre organi sulle politiche di Mussari e Vigni. Un prestito nascosto che ha celato le reali condizioni della banca ai clienti Mps e ai mercati finanziari. E alle casse dello Stato, che ora foraggeranno Mps con 500 milioni di euro di Monti bond.
E sempre nel 2011 Mussari veniva rieletto, dopo la nomina del 2010, presidente dell’Associazione bancaria italiana. Eppure chi doveva sapere, sapeva.
Il vertice del sistema bancario italiano è dunque indagato, assieme al Mps, per associazione a delinquere, truffa, manipolazione del mercato, falso in prospetto, ostacolo alle funzioni dell’autorità di vigilanza, aggiotaggio.
Il vaso di pandora è stato aperto e ogni giorno la piramide di corresponsabili si allarga. Si parte da Siena per arrivare alla Regione, al Partito Democratico, alla Banca d’Italia, all’ABI, alla Consob, al Ministero del Tesoro, allo Ior, al sistema bancario internazionale.
Solo le tre procure interessate potranno dividere le acque in colpevoli ed innocenti. Ma vista l’allegra immagine della tavolata della Fondazione Mps imbastita per tutta la città, una riflessione generale su chi regge queste piramidi di poteri oscuri è più che d’obbligo.