Il mondo ignora cosa accade nel Bahrain
Sembra che nessuno voglia guardare con attenzione a ciò che succede nel Bahrain, il Paese del Golfo Persico in cui Stati Uniti e Regno Unito da parecchio tempo possiedono delle basi militari. Il governo inglese, in particolare, impiega finanziamenti attraverso il Conflict Stability and Security Fund (Cssf) che dovrebbe supportare la sicurezza globale e la costruzione della pace nelle zone di conflitto, ma il gruppo di attivisti per i diritti umani Reprieve denuncia di scarsa trasparenza e complicità riguardo agli abusi compiuti verso il popolo del Bahrain.
Il Fondo “Conflitto, Stabilità e Sicurezza” è stato istituito nel 2015, è guidato dal Consiglio di sicurezza nazionale britannico e nel 2018 ha amministrato un budget di 1,6 miliardi di sterline. Come ogni anno viene prodotta una relazione sui progetti finanziati, ma recentemente il comitato di sorveglianza degli aiuti del Regno Unito ha rilevato gravi carenze nel modo in cui opera, poiché non appare sufficientemente rigoroso nell’applicare le misure di salvaguardia per impedire la collaborazione con entità straniere che non garantiscono i diritti umani.
Un rapporto intitolato “Il conflitto, la stabilità e il fondo di sicurezza: deviare gli aiuti e minare i diritti umani”, redatto da Mark Curtis di Global Justice Now (Gjn) nel dicembre 2017, mette in luce la realtà del Cssf. Nel rapporto viene descritto come il Cssf stia usando sempre più denaro per finanziare progetti militari, comprese le forze di sicurezza in diversi Stati coinvolti in spaventose violazioni dei diritti umani. In base alle sue ricerche il Gjn rivela come il Cssf sembri costituire un “fondo nero” che permette di trasferire denaro dal Dipartimento dello Sviluppo Internazionale ad altre agenzie governative e rafforzare gli Stati che con il loro apparato repressivo soffocano le manifestazioni di protesta.
Il direttore di Advocacy presso l’Istituto per i diritti e la democrazia in Bahrain, Sayed Alwadaei, sostiene che il Regno Unito non offra soltanto assistenza tecnica attraverso un contratto con l’Ispettorato delle carceri di Sua Maestà, Hamad bin Isa Al-Khalifa, ma abbia creato una solida rete di controllo attraverso le carceri, la polizia e la magistratura, di fatto “gestendo la repressione in un regime totalitario, a spese del contribuente”.
Secondo Reprieve, infatti, il numero dei detenuti nelle carceri sarebbe triplicato, si pratica la tortura e, per la prima volta dal 2010, sono riprese le esecuzioni capitali. Notizia confermata da Human Rights Watch che ha denunciato la condanna a morte, nel gennaio scorso, dopo torture e confessioni estorte, di tre uomini: Sami Mushaima di 42 anni, Ali al-Singace di 21 anni, e Abbas al-Sameea di 27 anni.
La direttrice di Reprieve, Maya Foa, ha invitato la Gran Bretagna a chiedere al Bahrain, come condizione per usufruire ancora di assistenza e come prova di trasparenza, di intraprendere passi fondamentali contro la tortura. Ha quindi dichiarato: “Una Gran Bretagna globale dovrebbe promuovere con orgoglio i diritti umani e lo stato di diritto, non minacciandoli in segreto… L’unico modo per il pubblico britannico di essere sicuri che i loro soldi non stiano portando ad abusi all’estero è che il governo pubblichi un resoconto completo e trasparente dei progetti che stiamo finanziando e delle valutazioni dei diritti umani per ciascuno”.
Tali atti servirebbero a squarciare il dubbio sull’impiego dei fondi del Cssf e a garantire al mondo che si vogliano salvaguardare i diritti umani nel Paese.
di Maria Grazia Alibrando