Moldova, tra l’esplosiva situazione interna e l’espansione ad Est
di Salvo Ardizzone
A ottobre la Moldova andrà alle elezioni presidenziali, un appuntamento cruciale sia per l’esplosiva situazione interna e i suoi riflessi sull’espansione ad Est dell’Occidente, sia per i rapporti con Washington, Bruxelles ed il Fmi.
La Moldova è lo Stato più povero e corrotto d’Europa, ma, “inspiegabilmente”, è stato coccolato in tutti i modi dall’Europa e dalle Istituzioni finanziarie internazionali per condurlo a un’improbabile integrazione nella Ue; nelle intenzioni, un’ovvia pedina manovrabile nella corsa dell’Occidente verso i confini della Russia. E avremmo visto anche questo, se non si fosse dimostrato ingestibile e il suo establishment assolutamente impresentabile anche per gli standard di chi – sotto dettatura di Washington – è disposto ad accettare tutto.
Su tutta la caterva di scandali che costellano la sua vita pubblica, spicca quello della “rapina del secolo”, così è stata definita due anni fa la scomparsa di oltre un miliardo di dollari di fondi pubblici dalla Banca de Economii; una scomparsa ancora misteriosa, che ha visto di recente la pesante condanna dell’ex primo ministro Vlad Filat, che molti ritengono solo un comodo capro espiatorio per coprire altri.
Secondo univoche opinioni, al centro della vicenda c’è Vladimir Plahotniuc, l’uomo che tiene in ostaggio la Moldova: politico per convenienza, principale oligarca del Paese con interessi che spaziano dal petrolio alle banche, dagli alberghi ai mezzi di comunicazione ed ovviamente alla speculazione immobiliare; uomo forte del Partito Democratico, che muove come burattini gli altri personaggi dell’establishment, di volta in volta sovvenzionati o buttati in pasto ad opinione pubblica e Magistratura compiacente, come di recente l’influente businessman Ilan Shor.
Che si arrivi ad accertare le sue responsabilità nella rete che controlla il Paese è assai improbabile (diciamo impossibile): fra potentissime coperture dall’estero e brutali soluzioni interne risulta intoccabile. La lunga catena di morti misteriose che hanno eliminato chiunque sapesse qualcosa di lui e della “rapina del secolo”, l’incendio che ha distrutto i documenti di importanti banche sulla vicenda, l’incriminazione di chi voleva denunciarlo, testimoniano il controllo totale che esercita sul Paese e sulla sua Amministrazione.
A detta unanime degli analisti, la Moldova è uno Stato profondamente corrotto, dove, dai funzionari pubblici al Capo di Governo, la legge viene sistematicamente violata e piegata agli interessi dei gruppi di potere che spadroneggiano. Eppure per anni, nell’ambito della politica dell’espansione ad Est dell’Occidente, la sua è stata raccontata come “una storia di successo”, finanziata da un fiume di fondi europei e del Fmi che avrebbero dovuto riformare radicalmente l’economia e il sistema sociale. Peccato che l’unico risultato sia stato veder sparire somme immense.
Per controllare il Paese, Washington e Bruxelles hanno puntato a lungo su Plahotniuc, e questi ne ha approfittato sia per arricchirsi che per incrementare la sua già fortissima presa sulla Moldova. Adesso, se a ottobre dovesse vincere un suo uomo (improbabile che voglia esporsi in prima persona) gli interessi degli Usa e della Ue ne sarebbero compromessi, perché troppo negativa e impresentabile è la sua immagine. Ma un cambio di cavallo è al momento irrealistico, in un ambiente così infiltrato e condizionato in ogni suo comparto.
Chiedere come molti ingenui fanno, che Stati Uniti ed Europa garantiscano elezioni “pulite” è come credere alle fiabe: è l’intero sistema ad essere coinvolto, lo stesso con cui l’Occidente è andato a braccetto per i propri scopi. In realtà, per Washington (e per la Ue che si adegua senza fiatare) il problema non è Plahotniuc ed il suo apparato di potere, ma la sua immagine ormai indifendibile e l’arroganza vorace di chi sa che per controllare la Moldova è con lui che si deve trattare.
È squallido, ma figurarsi: Washington troverà un accomodamento con lui o con chi per lui, magari facendo finta di cambiare tutto a condizione che tutto rimanga come prima. Il controllo degli Stati è ciò che importa, e la Moldova è una pedina troppo preziosa nel Risiko intrapreso dalla Casa Bianca per contenere la Russia, perché ci si formalizzi. E l’Europa, come sempre, si adeguerà.