Moby Prince, 27 anni senza verità e certezza
Era la sera del 10 aprile 1991, quando nel porto di Livorno si consumava la tragedia del Moby Prince il traghetto a bordo del quale morirono bruciate 140 persone dopo la collisione con la Petroliera Agip Abruzzo ferma in rada. Tra poco saranno 27 anni e nell’anniversario del disastro le due associazioni di parenti delle vittime si ritroveranno a Livorno per la commemorazione, ancora con un mistero non risolto, ma con un’ultima triste verità e con qualche certezza: le 140 vittime non furono soccorse e quella notte era senza nebbia!
Con la fine della legislatura, la Commissione Parlamentare istituita nel 2015, dopo 72 audizioni, a dicembre ha concluso il suo lavoro. Sul disastro restano ancora molti misteri, e si ipotizza la trasmissione degli atti alla procura per una nuova inchiesta.
Da quel “tutti assolti” del 31 ottobre 1997 la storia è quasi tutta da riscrivere sul ruolo avuto dalle navi militari che transitavano e sostavano nel porto di Livorno nella notte dell’incidente; sulla vicinanza della base americana di Camp Darby che rendeva frequente la presenza di navi nel porto; sull’ipotesi di traffico illecito di armi e di rifiuti tossici, basata sulla circostanza che in quella notte nel porto di Livorno era ormeggiata la nave XXI Ocboobar II di una compagnia italo-somala.
La sera del 10 aprile 1991 nel porto di Livorno “non c’era nebbia, lo ribadisco”. Guido Frilli, davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta, ha ripetuto quanto già all’epoca aveva detto a chi indagava, ma il suo verbale non entrò mai nel fascicolo dell’inchiesta. Le parole di Frilli, un livornese che dalla sua abitazione seguì quanto succedeva in rada, ripetute ai deputati della Commissione, potrebbero far riscrivere una nuova verità su quella tragedia per la quale una delle cause era stata individuata nella foschia che avrebbe impedito di capire cosa stava avvenendo e soccorrere i passeggeri del traghetto.
Dal lavoro della Commissione d’inchiesta (presieduta da Silvio Lai del Pd) viene fuori che le indagini sono state superficiali e le conclusioni poco fedeli alla realtà dei fatti. La relazione finale sulle 72 audizioni fatte in 25 mesi di lavoro verrà presentata tra qualche giorno, ma insieme alla questione della nebbia ci sono altri due passaggi che consentono di riscrivere la storia.
La sopravvivenza dei 140 del Moby Prince e l’organizzazione dei soccorsi sono gli altri due punti su cui saltano fuori i nuovi dettagli, che lasciano aperta l’ipotesi di una imminente trasmissione degli atti alla procura per sollecitare l’apertura di una nuova inchiesta. Non so se arriveremo mai alla verità totale – dichiara Luchino Chessa, figlio del comandante del traghetto. Di certo, l’esito delle audizioni dimostra che a provocare il dramma non è stata la distrazione dell’equipaggio. Non credo che sarà mai possibile, ma sarebbe utile capire anche le cause dell’impatto.
27 anni dopo, nulla è cambiato: quella del Moby Prince resta una strage senza colpevoli. Come piazza Fontana, piazza della Loggia, l’Italicus, come Ustica, come la stazione di Bologna, come il treno 904 e come molte altre tragedie tipicamente “made in Italy”. Come ogni volta in cui lo Stato italiano ha insabbiato la verità per difendere i propri – e gli altrui – interessi.
di Cristina Amoroso