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Gli ultimi sospetti di Chavez

di Mauro Indelicato

Chavez non è l’unico leader sudamericano ad aver subito diverse operazioni per il tumore, che poi purtroppo alla fine si sono rivelate vane, visto il decesso del leader venezuelano.

“Mi hanno fatto ammalare” è una delle sue ultime confessioni, che il vice – presidente e successore in pectore, Maduro, ha poi rilanciato quando ha annunciato al paese l’avvenuta morte, accusando apertamente i “nemici storici” della rivoluzione bolivariana.

La paura di Chavez, si basava sulla legge dei grandi numeri: cinque leader importanti del sud – America, in un periodo ravvicinato di tempo, si sono ammalati di tumore e tutti e cinque guidano governi decisamente poco affini alle volontà di Washington e del sistema occidentale e che soprattutto stanno premendo sull’acceleratore per un’unione del sud del continente, che certamente non verrà vista di buon occhio dagli stati che si trovano più a nord del canale di Panama.

Afferma un detto che se un caso può essere coincidenza, due iniziano a diventare certezza: la malattia che ha colpito, oltre Chavez, anche il presidente paraguayano Lugo, gli ultimi due presidenti brasiliani, Lula e Dilma Roussef e la presidentessa argentina, Cristina Kirchner, di sicuro destano più di un sospetto e gettano un’ombra su quanto sta accadendo in questi paesi.

Tutti hanno avuto il tumore, il presidente venezuelano non è riuscito a vincere la sua ultima battaglia, mentre per fortuna gli altri sono riusciti con degli interventi ad uscirne fuori, ma in molti adesso si chiedono come sia stato possibile che i leader più importanti del sud America, nel giro di appena tre anni, hanno accusato simili problemi di salute.

Ma non è soltanto negli ultimi giorni di vita che Chavez avrebbe fatto circolare il sospetto tra i suoi fedelissimi: “Benvenuta nella compagnia di quelli che sconfiggeranno il cancro. Ti voglio conferire la presidenza onoraria a nome di tutti”, affermava il presidente venezuelano, in maniera ironica, alla Kirchner nel dicembre 2011, all’indomani dell’intervento subito dal capo di governo di Buenos Aires.

“Che si siano inventati un modo per indurre al cancro?” si chiedeva il leader bolivariano una volta appresa la notizia della propria fatale malattia.

Intrighi, sospetti, distanze politiche rilevanti dai governi occidentali, un mix quindi che, unito, come detto prima, alla legge dei grandi numeri, fa calare più di un sospetto su  eventuali complotti contro i leader sud americani, quelli attualmente più esposti nel contrastare l’imperialismo statunitense.

Intanto, come ampiamente seguito con un apposito articolo da questa testata, ieri si è svolto il funerale di Hugo Chavez: circa due milioni i venezuelani venuti da ogni angolo del paese a Caracas per rendere omaggio al presidente, questo la dice lunga sull’eredità pesante che adesso Maduro deve gestire, a partire dalle prossime elezioni presidenziali fissate fra un mese.

Spetta a lui il compito di dare continuità alla repubblica bolivariana del Venezuela, dovrà essere in grado di tenere in mano il potere e respingere gli assalti dell’opposizione, la quale ovviamente vede nella morte di Chavez la possibilità di riprendersi il potere ed eliminare le riforme sociali introdotte dal comandante, certamente non ben viste dall’establishment imprenditoriale del paese.

Capire quali saranno gli orientamenti del post – Chavez è compito assai arduo: se Maduro verrà eletto presidente, deve però cercare di mostrare la stessa determinazione del suo mentore politico, diversamente anche all’interno dei sostenitori del chavismo si potrebbero aprire pericolose spaccature.

Per quanto riguarda il continente invece, l’unità dimostrata oggi dai capi di stato sudamericani nel presenziare i funerali di Chavez, inducono a pensare che comunque, fuori dalla propria patria, in ogni caso il comandante è riuscito ad imprimere quel senso di unione e solidarietà in precedenza mai da nessuno accentuato in questa regione e sarà forse questa la prima eredità politica di Hugo Chavez.

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