Merkel e Fillon, le ultime carte della vecchia Europa
Domenica Angela Merkel ha ufficializzato la sua intenzione a ricandidarsi (è la quarta volta) per le elezioni che si terranno in Germania nel 2017, fra una decina di mesi. Contemporaneamente, le primarie del centrodestra per le presidenziali in Francia hanno consacrato a sorpresa Francois Fillon che, con tutta probabilità, sarà lo sfidante che nel 2017 si opporrà alla Le Pen. In entrambi i casi, il blocco degli interessi conservatori si chiude a difesa attorno a personaggi datati per difendersi dall’attacco dei populismi.
Merkel è al potere ininterrottamente da 11 anni, 12 quando si andrà a votare, con la prospettiva di altri 4 anni di regno; un’eternità che indurrebbe alla stanchezza gli elettori e il rigetto della sua candidatura. Un problema che essa stessa si è posto, malgrado un recente sondaggio della Bild dica che il 55% dei tedeschi la voglia ancora come Cancelliera, contro un 39% di contrari.
Il fatto è che, al di là delle tante chiacchiere sul “senso di responsabilità”, “spirito di servizio” e pressioni straniere, sono essenzialmente due le ragioni che inducono la Merkel a ricandidarsi: malgrado le crescenti difficoltà non ha saputo/voluto preparare alcuna successione e un suo abbandono condannerebbe la Cdu-Csu al disastro, privandola dell’unica candidata che, seppur manifestamente logorata, gode ancora di una considerevole popolarità e viene vista come l’unica scelta credibile da vasta parte dell’elettorato.
Tale considerazione è rafforzata da una seconda ragione: la Ue e l’Eurozona, per come disegnate nei decenni da Berlino, minaccia di crollare seppellendo insieme all’Euro i tanti (enormi) benefici e privilegi che il sistema tedesco ne ha tratto. Una minaccia che i poteri forti tedeschi (industrie, banche, etc.) hanno ben presente e vedono nella Merkel l’unica capace di gestire la situazione, malgrado la sua chiusura verso la Russia, e le posizioni giudicate troppo “felpate” verso le politiche della Bce di Draghi le abbia attirato molte critiche.
Sia come sia, è la totale mancanza di alternative che fa puntare sulla Merkel un blocco eterogeneo costituito da poteri forti e da vaste fasce di popolazione spaventata da cambiamenti che non comprendono, e dalla prospettiva di dover sacrificare una parte del benessere e dei privilegi raggiunti.
Insomma, un blocco dell’”egoismo rispettabile” a cui si contrappone una socialdemocrazia evanescente, che da molto tempo ha perso tutti i suoi riferimenti e connotazioni, priva di leader credibili e ridotta dalle ripetute sconfitte a ruota di scorta della Merkel.
Contro di loro sta montando la canea dell’”egoismo urlato”, le cui schiere di beceri sostenitori di un populismo ottuso e razzista sono state enormemente infoltite dai tanti che, in mancanza di una credibile alternativa offerta dalla sinistra, vogliono gridare comunque la loro protesta contro una società ricca ma ingiusta quanto egoista, che vede nella Merkel la sua bandiera.
In Francia erano tre a sfidarsi per la candidatura del centrodestra alle presidenziali del 2017: Alan Juppé, il favorito della vigilia; Nicolas Sarkozy, che rincorreva un rientro all’Eliseo; Francois Fillon, il terzo incomodo che nessuno prendeva in seria considerazione.
Al primo turno delle primarie è stato Fillon a stracciare gli altri con il 44%; Juppé ha racimolato il 28% e Sakozy è giunto a stento al 20%. Per l’ex presidente è stato uno smacco bruciante: i circa 4 milioni di francesi, accorsi alle primarie assai più numerosi delle previsioni, hanno stroncato le sue rinnovate velleità, segnando il suo definito tramonto politico. Il 27 ci sarà il ballottaggio fra Fillon e Juppé, ma visto lo scarto e considerato che Sarkozy ha già dichiarato che farà convergere i suoi voti su Fillon, si tratta di un risultato scontato che proietta il vincitore verso l’Eliseo.
Vista la disastrosa presidenza Hollande (che con tutta probabilità non proverà neppure a candidarsi), i socialisti saranno un avversario privo di chance e faranno convergere in buona parte i loro consensi su un candidato “presentabile” per sbarrare la strada alla Le Pen.
Fillon è un politico navigato, è stato primo ministro sotto Sarkozy, è un gollista intriso di liberismo che ha adottato posizioni di forte chiusura per venire incontro alle paure della società francese. Come con la Merkel in Germania, il blocco conservatore-moderato si stringe attorno a chi può garantire i suoi interessi (tra l’altro, è il politico “tradizionale” più vicino a Mosca e sarebbe assai “attento” agli interessi francesi in Russia).
Due sono le considerazioni da fare; la prima è che dinanzi alla crisi perdurante che sta squassando le società europee, la sinistra è incapace di articolare una risposta credibile, limitandosi a scopiazzare politiche di destra e destinandosi così alla sconfitta. La seconda è che il blocco d’interessi delle destre, minacciato, si rinserra attorno a candidati come Merkel o Fillon, l’usato sicuro, senza tentare minimamente d’interpretare i motivi di una crisi che, lasciata senza governo e abbandonata alle bandiere populiste, è destinata a spazzarlo via.
di Salvo Ardizzone