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Droni Usa a Sigonella: l’ipocrisia dell’Italia a stelle e strisce

Era l’11 Ottobre del 1985: in quei giorni l’Italia, con Bettino Craxi, consumava le sue ultime briciole di sovranità nazionale. Ma poi il vento di Sigonella le avrebbe spazzate via, facendo dell’Italia intera un grande stivale a stelle e strisce pronto ad accogliere le esigenze belliche degli alleati che nel 1943 si servirono della mafia per sbarcare in Sicilia. Poco importa se la Costituzione alla quale ogni giorno si inneggia con solenni celebrazioni, riporti nel suo articolo 11 il suo esplicito ripudio della guerra in tutte le sue forme: è proprio nella forma il segreto, rivestire con belle parole e missioni di pace migliaia di bombardamenti che nel mondo rimbombano al ritmo di una democrazia che però in casa non ripudia ancora la pena di morte.

SigonellaE’ la Sicilia oggi il centro di interesse degli Stati Uniti, la cerniera di ricongiungimento tra quell’Occidente storico colonizzatore e quel Medio Oriente vittima della volontà dei Rothschild e dei Rockefeller di infiltrarsi nei sistemi economici di ogni Paese per poterlo controllare, solo dopo aver deposto i loro “dittatore cattivo”.

Se Craxi, negli anni ottanta, era riuscito a dire NO agli americani, rifiutando di consegnare i palestinesi ai marines e facendo sgomberare la pista di Sigonella dall’aereo americano, oggi la base Nato siciliana ospita circa 20 droni statunitensi dal modello “Global Hawk“, aerei senza pilota giù utilizzati quotidianamente per colpire paesi del Medio Oriente come Afghanistan, Pakistan, Niger, Somalia, Yemen ed altri ancora. Non bastavano già i marines presenti nell’isola, gli stessi che durante la manifestazione contro il Muos a Niscemi, presidiavano la zona militare circondata da ferro spinato a fianco delle forze dell’ordine italiane, ma adesso “La presenza dei droni temporaneamente basati a Sigonella – come si legge nel rapporto dell’Osservatorio di Politica Internazionale – ha fondamentalmente lo scopo di permettere alle autorità americane il dispiegamento di questi determinati dispositivi qualora si presentassero delle situazioni di crisi nell’area nordafricana e del Sahel“.

Secondo il progetto “Alliance ground surveillance” (leggi qui un articolo inerente di Antonio Mazzeo ) “a Sigonella sono centralizzate le attività di raccolta d’informazioni ed analisi di comunicazioni, segnali e strumentazioni straniere, trasformando la Sicilia in un’immensa centrale di spionaggio mondiale. Un “Grande Fratello” Usa e Nato, insomma, ma non solo”.

Ma i nostri telegiornali nazionali questo non lo dicono e non lo diranno mai, almeno fin quando il tutto non sarà completato senza alcun passaggio burocratico negli organi istituzionali, come d’altronde si è sempre fatto quando a prevalere è il volere di una potenza straniera al posto della sovranità di un popolo che non si arrende.

di Redazione

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