Mentre in Tunisia si attende il ballottaggio, esponenti del vecchio regime ritornano sulla scena politica
In Tunisia le elezioni presidenziali hanno rispettato il copione: al ballottaggio andranno il leader di Nidaa Tounes, l’ottantasettenne Beji Caid Essebsi e Moncef Marzouki, attuale presidente provvisorio della Repubblica.
Le elezioni si sono svolte in un clima blindato per l’imponente apparato di sicurezza messo in campo nel timore di disordini e attentati, che tuttavia non si sono registrati. Si dovrà aspettare ancora per conoscere il nome del nuovo Presidente; fondamentale sarà vedere cosa deciderà per il ballottaggio Ennhada, il partito islamico, seconda forza politica della Tunisia che non aveva presentato un candidato proprio, lasciando liberi i propri elettori.
Il Paese è travagliato da una pesante crisi economica, che fa il gioco dei tanti esponenti del vecchio regime di Ben Alì, riciclatisi in gran numero all’interno del partito Nidaa Tounes, al riparo della figura del vecchio Essebsi, in attesa di ricreare il vecchio blocco di potere mai del tutto smantellato.
Negli anni del dopo “Primavera”, inoltre, disagio sociale e povertà hanno avuto buon gioco a reclutare un alto numero di giovani fra le file del fondamentalismo jihadista, evento sfruttato abilmente dai centri di potere laici per agitare il pericolo del terrorismo “islamico” e mettere in difficoltà Ennhada.
I futuri assetti politici sono fondamentali per assicurare alla Tunisia la stabilità di cui ha bisogno; tuttavia, per come si disegna lo scenario, è probabile che dopo la rivoluzione che tante (troppe) speranze aveva suscitato fra la gente, e il fallimento della breve esperienza di governo del partito islamico travolto dai propri errori, ritornino in massa gli elementi del vecchio establishment.