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La memoria europea per il futuro dell’Europa

Europa – In occasione dell’ottantesimo anniversario dello scoppio della Seconda guerra mondiale il Parlamento europeo ha voluto avviare una riflessione sulle ideologie e sulle politiche che hanno pesantemente accompagnato buona parte del Novecento. Lo ha fatto in maniera chiara, evidenziando alcuni punti fondamentali di quella storia che fino ad oggi era ancora oggetto di discussione aperta all’interpretazione.

Seguendo lo scandirsi dei punti della Risoluzione del Parlamento europeo sull’importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa capisce pian piano, l’importanza di questo documento per l’intenzione di sottoporre a dura critica le politiche aggressive e liberticide dell’Unione sovietica.

L’argomentazione inizia mostrando come il patto Molotov-Ribbentrop, il patto di non aggressione sottoscritto il 23 Agosto 1939 dall’Unione Sovietica e la Germania Nazista, fu funzionale a dividere l’Europa e i territori degli Stati Indipendenti tra i due regimi totalitari, raggruppandoli in sfere di interesse e causando così lo scoppio della Seconda guerra mondiale. Infatti, continua la risoluzione, subito dopo la firma del patto, la Germania poté invadere la Repubblica Polacca e l’Unione Sovietica comunista iniziò una guerra aggressiva contro la Finlandia, e successivamente annesse i territori della Romania, delle Repubbliche indipendenti di Lituania, Lettonia ed Estonia.

La chiusura del ragionamento, che è il punto più discusso, è l’equiparazione del Urss Stalinista alla Germania Nazista. Ecco il passaggio della risoluzione: “Considerando che, dopo la sconfitta del regime nazista e la fine della Seconda guerra mondiale, alcuni Paesi europei sono riusciti a procedere alla ricostruzione e a intraprendere un processo di riconciliazione, mentre per mezzo secolo altri Paesi europei sono rimasti assoggettati a dittature, alcuni dei quali direttamente occupati dall’Unione sovietica o soggetti alla sua influenza, e hanno continuato a essere privati della libertà, della sovranità, della dignità, dei diritti umani e dello sviluppo socioeconomico; considerando che, sebbene i crimini del regime nazista siano stati giudicati e puniti attraverso i processi di Norimberga, vi è ancora un’urgente necessità di sensibilizzare, effettuare valutazioni morali e condurre indagini giudiziarie in relazione ai crimini dello stalinismo e di altre dittature”.

Le puntualizzazioni storiche richiamate nella Risoluzione possono apparire riduttive, per come isolano alcuni fatti in particolare, spogliandoli di possibili interpretazioni che potrebbero arricchire l’argomento, mostrando così, un po’ di insofferenza nel voler chiudere questa annosa questione. Già nel 2009 la risoluzione Coscienza europea e totalitarismo iniziava chiarendo alcuni dei punti che rendono delicato il compito di creare una coscienza civica, soprattutto per un politico, trovandosi nell’impossibilità di imporre interpretazioni politiche ufficiali dei fatti storici ormai passati.

Considerando che gli storici concordano sul fatto che non sono possibili interpretazioni assolutamente oggettive dei fatti storici e che non esistono narrazioni storiche oggettive; che, tuttavia, gli storici professionisti utilizzano strumenti scientifici per studiare il passato sforzandosi di essere quanto più possibile imparziali; considerando che nessun organo o partito politico detiene il monopolio sull’interpretazione della storia e che tali organi e partiti non possono proclamarsi oggettivi; considerando che le interpretazioni politiche ufficiali dei fatti storici non dovrebbero essere imposte attraverso decisioni a maggioranza dei parlamenti; che un parlamento non può legiferare sul passato.

È importante chiarire questa intenzione del Parlamento europeo di muoversi insieme alla Storia, nel tentativo di creare per l’Europa una memoria comune. Memoria che viene costruita sul riconoscimento di una violenza, che ci appartiene, non solo per averla subita ma per averla perpetrata. “L’Europa non sarà unita fino a quando non sarà in grado di creare una visione comune della propria storia, non riconoscerà il nazismo, lo stalinismo e i regimi fascisti e comunisti come retaggio comune e non avvierà un dibattito onesto e approfondito sui crimini da essi perpetrati nel secolo scorso”.

L’Europa dell’est e l’Apologia di comunismo

Nonostante la risoluzione ritorni continuamente sul clima politico europeo ricordando la crescente accettazione di ideologie radicali, del preoccupante ritorno al fascismo, al razzismo, alla xenofobia e ad altre forme di intolleranza nell’Unione europea, la cosa che ha più acceso la discussione, è la velata allusione da parte del Parlamento Europeo, all’apologia di comunismo, nella parte in cui esprime inquietudine per l’uso continuato di simboli di regimi totalitari nella sfera pubblica e per fini commerciali ricordando che alcuni paesi europei hanno vietato l’uso di simboli sia nazisti che comunisti. Il richiamo è senz’altro ai cinque Paesi europei, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia e Romania, che lo scorso 23 Agosto 2019, in occasione della Giornata europea di commemorazione delle vittime dei regimi totalitari, hanno rilasciato un comunicato congiunto, dove dichiarano che il patto, firmato dall’allora ministro degli esteri sovietico Vyacheslav Molotov e dal suo omologo nazista tedesco, Joachim von Ribbentrop, “provocò la seconda Guerra mondiale e condannò metà dell’Europa a decenni di miseria“.

Tutti questi sono Paesi dove da anni esistono leggi che vietano o l’apologia di comunismo e la sua glorificazione attraverso uso di simboli o Internet. Ma la lista di Paesi dove il comunismo è stato messo al bando è molto più lunga. In Repubblica Ceca ed in Slovacchia così come in Lituania ed in Ungheria il legislatore ha pensato di punire direttamente le idee delle persone più che i simboli che utilizzano. Così viene condotto in carcere chiunque neghi, metta in dubbio, approvi o giustifichi i crimini dei regimi comunisti e nazionalsocialisti. In Georgia ed in Ucraina viene punito l’uso dei simboli comunisti. Evidentemente i Paesi più a stretto contatto con l’ex Urss, sono quelli che più hanno subito la pesante ingerenza del Comunismo, soprattutto per il suo perpetrarsi fino agli anni ’80 del Novecento.

Ritornando alla Risoluzione del Parlamento, oltre sull’uso dei simboli, è stato oggetto di discussione, come già detto, anche l’equiparazione del Nazi-fascismo al Comunismo. L’Anpi, l’associazione nazionale dei partigiani italiani, è intervenuta sull’argomento con una nota: “In un’unica riprovazione si accomunano oppressi ed oppressori, vittime e carnefici, invasori e liberatori, per di più ignorando lo spaventoso tributo di sangue pagato dai popoli dell’Unione Sovietica – più di 22 milioni di morti – e persino il simbolico evento della liberazione di Auschwitz da parte dell’Armata rossa”.

In realtà anche il Parlamento ha riconosciuto il sacrificio della Russia che “rimane la più grande vittima del totalitarismo comunista”. Come del resto ha anche riconosciuto con un’altra risoluzione del Parlamento Europeo risalente ad Ottobre dell’anno scorso, titolata Aumento della violenza neofascista in Europa, come in Polonia durante una manifestazione nel novembre 2017, in una piazza pubblica della città meridionale di Katowice, membri del movimento polacco di estrema destra Onr (Campo nazional-radicale) hanno appeso a delle forche fittizie le immagini di sei deputati al Parlamento europeo, difensori della tolleranza, dello Stato di diritto e di altri valori europei;

Conclusione

Nel tentativo di costruire una memoria condivisa dell’Europa, il Parlamento ha voluto fermare un momento storico dando ragione alle vittime dei totalitarismi. La Storia, però non si è mai fermata, né tantomeno è lì per essere guardata. La politica, da sempre ha bisogno del potere, il Totalitarismo, cancella questa dinamica tra politica e necessità di avere potere, con metodi violenti, liberticidi. Dall’altro lato della questione c’è l’aspetto economico, che ha plasmato la politica sin dai primi arbori della Rivoluzione industriale. La caduta della nobiltà ha fatto il resto. Esiste un’unica società che ha bisogno di sostentarsi. Esiste, quindi una frattura, tra chi ha più o meno difficoltà a sostentarsi. Liberali, socialdemocratici e cattolici hanno usato concetti come la carità, solidarietà di classe, consenso popolare. Noi abbiamo una sola forma di governo da proporre, che è la democrazia, ma anche questa nel suo essere delegata e quindi rappresentata, non è scevra da errori.

di Massimiliano Parisi

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