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Mediterraneo, un mare di storia, cultura e civiltà

Prima che ce lo scordassimo, il Mediterraneo è stato un mare di commerci e scambi, e l’Italia, ma soprattutto quella meridionale, trovava naturale esportare sulla sponda settentrionale dell’Africa i suoi prodotti. Malgrado tutto, di quest’antica vocazione suggerita da Geografia, Storia e Cultura è rimasta traccia, come dicono i dati che citeremo: nel 2010, le esportazioni delle cosiddette Regioni Convergenza (Campania, Calabria, Puglia e Sicilia, che d’ora in poi per brevità chiameremo Sud) erano indirizzate in Nord Africa per il 7,9% del loro export complessivo, mentre quelle del Nord e Centro Italia vi spedivano il 3,6%. Ovviamente, visto il peso differente delle economie in questione, sul totale dell’export in Nord Africa, il Sud pesava per il 21% mentre il resto d’Italia il 79%.

Nei tre anni successivi, sulla sponda Sud del Mediterraneo è successo di tutto, ma, inaspettatamente, il peso dei prodotti che nel 2013 da Nord e Centro hanno raggiunto quei Paesi (Marocco, Algeria, Tunisia, Libia ed Egitto) ha pesato per il 9% sull’export complessivo, con un notevole balzo in avanti, ma anche il Sud, con tutti i suoi problemi, ha fatto progressi, spedendo laggiù il 10,2% delle sue esportazioni, un euro su dieci; per la Sicilia è stato addirittura il doppio, con un 19,2%, che ha pesato per il 14,6% sull’export totale dell’Italia in quei Paesi.

Questa lunga litania di dati vuole sottolineare che, malgrado tutto, quegli Stati sono nostri patners naturali, e, accanto a loro, potremmo aggiungere Libano e Turchia, e domani, quando la follia della guerra ne lascerà le terre, anche quella fetta di Medio Oriente che v’è dietro. Sarebbe ascoltare per una volta la lezione della Storia, che attorno al Mediterraneo ha intrecciato per secoli e secoli traffici commerciali, cultura e sviluppo di popoli; e l’Italia, meglio, il Sud Italia e la Sicilia per prima, hanno un ruolo naturale in questo.

Certo, occorrerebbe investire in porti, logistica, infrastrutture perché non saremmo più l’estrema periferia dimenticata, ma la porta d’accesso, il luogo degli scambi e della cooperazione, il ponte fra economie e culture. Gli investimenti ci trasformerebbero nell’hub naturale di quei Paesi, nel riferimento economico e commerciale di un’area vastissima che aggregherebbe ancora molte altre Nazioni del Sud e dell’Est del mondo. Ma attenzione: il vuoto non esiste, e già sgomitano aziende tedesche, americane, addirittura cinesi per riempirlo, per cogliere quelle opportunità nate attorno a questo mare.

È nel Mediterraneo che affondano le radici nostre e di quelle altre popolazioni; invece di perderci in sogni che non ci appartengono, sarebbe questa la via naturale d’uno sviluppo comune; nostro si, ma anche di tutta quella parte d’Europa unita da secoli di Storia e di Cultura che nascono da queste acque.

di Salvo Ardizzone

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