Medioriente: intervista con Padre Abdo Raad (II^ parte)
Intervista I^ parte – Padre Abdo Raad, passando ad argomenti di più stretta analisi “geo-politica”, visto il suo impegno in zone di conflitto e la sua vicinanza a personalità importanti del Vaticano di alto profilo internazionale, secondo lei con la crisi in Medioriente esplosa nel 2011/2012 parliamo di primavere arabe o d’inverni arabi?
Sicuramente quello che vediamo è un inverno; in Medioriente viviamo un inverno. La politica internazionale non è riuscita a creare le condizioni per una pace duratura e non ha raggiunto questo nobile scopo perché continua a pensare esclusivamente ai propri interessi e non agli esseri umani. Per questi politici 300 mila/500 mila/milioni di morti non sono nulla. Secondo me questi politici devono pentirsi. Devono chiedere scusa all’umanità per ciò che stanno facendo.
Avevamo e abbiamo bisogno di una Primavera perché i sistemi politici ora sgretolatisi erano dittature e non rispettavano le fondamenta della Democrazia. Ma la politica internazionale ha sbagliato perché non è così come hanno pensato loro che si esporta la democrazia. Il blocco occidentale a partire dagli Americani, ha esportato i propri interessi economici e strategici. Non era una questione di esportare la democrazia ma di esportare armi.
Gli americani se vendono le armi stanno meglio perché vivono di produzione di armi; se non vendono le armi come fanno? E anche l’Italia credo sia uno dei Paesi che vende bene le armi. Vendere armi significa fare guerre e ora è anche peggio del passato: si fa la guerra contro qualcuno e si corre ad ucciderlo, non basta che si debba fuggire dalla propria terra.
Il mondo ha bisogno di pregare, di pregare per elevarsi verso Dio al fine di comprendere che non possiamo uccidere i nostri fratelli; i politici che eliminano gli altri sono anche loro creati da Dio ma non agiscono in questo senso. L’Europa ha capito la brutalità dei conflitti dalla prima e dalla seconda guerra mondiale, ma corre dove si vendono armi.
Il 4 Dicembre l’amministrazione Usa ha dichiarato di essere pronta a riconoscere Gerusalemme come capitale d’Israele. Cosa ne pensa?
Io penso che stanno cercando di aprire nuovi fronti di guerra, forse perché non hanno venduto ancora abbastanza armi! Secondo, è chiaro che non c’è nessun rispetto per i popoli, perché se si ha rispetto del popolo palestinese non si fanno queste dichiarazioni; terzo, non c’è rispetto per la politica e per il dialogo. Trump dovrebbe intavolare un dialogo, non fare dichiarazioni; dovrebbe proporre una buona divisione, uno Stato per tutte le parti in gioco. E invece no. E’ evidente da molti anni che Israele occupa territori e questo atteggiamento inasprirà ancora di più gli animi contro gli Ebrei. Però non è soltanto colpa di Trump, è anche colpa di questo mondo arabo che da diverso tempo non fa più nulla per arginare Israele. Gli Arabi hanno venduto la causa palestinese e hanno fatto la guerra tra di loro, sciiti e sunniti. Gli Stati Uniti e Israele hanno trovato questo campo fertile per fare i loro interessi.
Se vogliamo allora continuare su questa strada di inutili rivendicazioni, allora dico che Gerusalemme deve essere la capitale dei cristiani; allora facciamo di nuovo le Crociate. Ma non si può vivere così, Trump deve capire che al contrario, Gerusalemme potrebbe diventare una città aperta a tutti sotto il controllo magari delle Nazioni Unite. Che sia la capitale per tutti.
Ma perché non si può vivere insieme? Bisogna dirlo, la situazione tra Israele e Palestina è un frutto brutto della Seconda Guerra Mondiale; tutti hanno diritto a una terra e Gerusalemme potrebbe essere una terra aperta al mondo ma è col dialogo che si fanno queste cose; la politica internazionale è però interessata soltanto a vendere armi.
Il 5 Dicembre il Primo Ministro libanese e capo del partito sunnita, Movimento Futuro, Saad Hariri ha ritirato le sue dimissioni annunciate il 4 Novembre da Riyadh, Arabia Saudita. Hariri, sunnita, Arabia Saudita, Iran, cosa si è mosso in Libano? Il Libano è il crocevia di cosa in questo momento? Com’è rientrata la crisi?
Il Libano è un Paese piccolo e in realtà il fatto che sia indipendente è una bugia. La mia è una Nazione basata sulle confessioni religiose e non si può fare un Paese così, è pericoloso e in più, non è neanche una vera democrazia fondata sulla maggioranza del numero. Così abbiamo dato un nome particolare a questo sistema tutto libanese: “Democrazia dell’accordo”. In realtà i deputati servono a poco, sono i grandi gruppi sciiti, sunniti e cristiani che dirigono il paese. Questa non è una vera democrazia, è un sistema creato così…! In questo modo tanti Paesi hanno le loro mani in Libano, e per come esso è strutturato significa che ogni confessione religiosa ha la sua influenza. L’Arabia Saudita ha la sua mano, l’Iran ha la sua e per i Cristiani c’è poco ormai. C’è però una differenza grande: Teheran ha creato una situazione importante con soldi, scuole, ideologie e grazie all’Iran il Partito di Dio, Hezbollah, è potuto diventare molto forte. L’Arabia Saudita ha invece aiutato molto i sunniti ma non è riuscita e non ha potuto sviluppare la medesima situazione di peso, così ben organizzata, così ben fatta. Mentre i Cristiani sono divisi, una parte sostiene gli sciiti e un’altra parte i sunniti.
Ma vedi che io ora sto usando tutti questi termini, sciiti, sunniti, cristiani ma non va bene questo, è necessario che arrivi il giorno in cui i partiti siano laici e formati da tutte le confessioni religiose, perciò abbiamo fondato l’associazione Annas Linnas, per dire che si può vivere insieme con tutte le religioni. La politica non può agire secondo un’ideologia religiosa ma deve partire dai bisogni della gente, del popolo e delle città. Il Libano ora non è abbastanza forte per dirigere se stesso e da ciò si può comprendere perché Saad Hariri è andato in Arabia Saudita e da lì ha dato le sue dimissioni. Non è mai successa al mondo una cosa del genere e questo è un segno chiaro di quanto il Libano non sia padrone di se stesso, di quanto non domini se stesso.
Il Ministro degli Interni italiano, Marco Minniti al dibattito Financial Inclusion of Migrants organizzato dal Cespi al Parlamento Europeo ha dichiarato che i migranti devono essere accolti ma “l’accoglienza ha un limite oggettivo nella possibilità di integrazione e che se non si tiene conto di questo si è un Paese poco attento al proprio presente e al proprio futuro. In seguito ha aggiunto che l’esito della questione dei foreign fighters sarà cruciale nella lotta contro il terrorismo. Cosa ne pensa lei di queste affermazioni, della relazione tra accoglienza, possibilità d’integrazione, foreign fighters e lotta contro il terrorismo?
Credo sinceramente che ci vorrebbe un altro articolo per questa domanda. In estrema sintesi però dico che l’accoglienza è una cosa molto importante ma bisogna stare attenti a che questa accoglienza non aiuti il terrorismo. Si parla d’integrazione o di accoglienza? Quali sono le chances di questa accoglienza se non facciamo un’opera di educazione per questi emigranti? Inoltre, il fatto che l’Islam non abbia ancora separato le leggi dello Stato laico con la religione e vengono da noi con la loro ideologia, quale futuro attende l’Italia e l’Europa? E come facciamo se vogliono creare anche qui il loro sistema politico e non perseguire il nostro, integrandosi con le nostre idee laiche di Stato? Dove andiamo? Allora io credo che l’Italia debba essere un Paese di accoglienza, ma anche di prudenza, ed è necessario che stia attenta a chi dà la cittadinanza. Bisogna assicurarsi che questi emigranti siano aperti alla nostra cultura, alla nostra idea di Stato, nel rispetto delle religioni di tutti. Se ciò non è accettato o ben visto, se questa attitudine non è concepita, la strada da seguire è il ritorno nella propria terra.
di Ilaria Parpaglioni