Cultura

Mc Donald: “Noi nell’Italia ci crediamo”. Certo! Credete nel suo saccheggio!

di Davood Abbasi

Spot tv della catena di fast food americani Mc Donald: “Noi nell’Italia ci crediamo, per questo diamo lavoro a oltre 16mila persone e ne assumeremo oltre 3mila nei prossimi tre anni”.

Al primo impatto sembra bello e soddisfacente. Uno dice: “Certo. In questi tempi di crisi e’ sempre meglio di nulla”.

Ma poi ci ripensi un attimo e dici: “Ma l’Italia è la nazione dei ristoranti, dei grandi cuochi, degli chef! Ma se da New York, a Teheran, a Tokyo, a Sidney, vanno tutti a mangiare al ristorante italiano? Ma siamo sicuri che stanno prestando questo grande servigio alla nazione?”.

Ed allora ci rifletti un altro pò e ti ricordi che Mc Donald è il cavallo di Troia dell’americanizzazione, della diffusione dello stile di vita americano nel mondo e della globalizzazione, quel brillante sistema che ha prodotto anche e soprattutto l’attuale crisi da cui non si esce più.

Non facciamo però discorsi ideologici perchè quì per ora non c’entrano.

Ecco la domanda obiettiva: “Va bene. Danno da lavorare a 16mila persone e daranno da lavorare ad altre tremila? Ma in cambio cosa ti portano via?”.

Ed è qui’ che trovi il trucco, il tranello dello spot.

Nello spot infatti la “Corporation” americana non ti spiega che dal 15 Ottobre 1985, quando mise piede in Italia, precisamente a Bolzano, si è diffusa come una specie di piovra per arrivare oggi ad oltre 400 negozi.

Non ti racconta che esisteva una Mc Donald italiana, la “Burghy”, dell’azienda Cremonini S.p.A., che però nel 1996 venne fagocitata e spazzata via dal potente concorrente americano.

Ma facciamo un pò di calcoli, sempre per vedere cosa tolgono all’Italia questi signori che “nell’Italia ci credono”.

Le cifre del 2006 (oggi molto più elevate) fornite dall’azienda stessa parlano di 180 milioni di clienti all’anno. 180 milioni di euro, se supponiamo che ogni cliente spende mediamente un solo euro (ma la media dovrebbe essere più elevata).

Ora una cosa elementare è che il grosso dei 180 milioni di euro torni negli Stati Uniti e che non rimanga certo in Italia.

Ora la prossima domanda è: “Se questi 180 milioni di euro venissero spesi dalle famiglie italiane in ristoranti di italiani, i posti di lavoro creati allora quanti sarebbero?”.

Mi azzardo a dire molto più di 19mila ed il perchè è chiarissimo.

Visto che tutti quei soldi verrebbero usati nuovamente in Italia, invece che andare negli Stati Uniti, si creerebbero direttamente ed indirettamente molti più posti di lavoro ed opportunità per i giovani italiani.

Se questi sono i pragmatici e robotici conti da economista, non parliamo poi delle polemiche interminabili sulla qualità dei cibi della catena di fast-food. In più la società ha perso negli ultimi anni diverse cause contro i dipendenti per irregolarità nella gestione del rapporto di lavoro e per il mancato rispetto del riposo settimanale. Insomma, un bel biglietto da visita e per questo oggi persino la Cgil si è ribellata allo spot pubblicitario nonostante la forte simpatia filo-americana che domina l’Italia.

Ma del resto, quello di Mc Donald, che forse sta distruggendo pure la “cucina” ed il mito dei “ristoranti italiani”, togliendo semplicemente loro i clienti, non è l’unico caso.

Qualcuno si ricorda di quel fantastico nome “Olivetti”, che IBM ed altre compagnìe americane hanno distrutto?

E la Fiat? Se la sono presi direttamente.

Ed il Cinema? In una nazione come l’Italia, culla del cinema moderno, si è costretti a vedere in un volume pesante film e telefilm provenienti dagli Stati Uniti, doppiati con cura. Certo in questo caso si potrebbe dire che hanno creato lavoro per gli esperti di doppiaggio, ma vogliamo parlare di quanto lavoro hanno tolto agli attori, registi, cameraman ed ecc… italiani?

E cosa stanno facendo gli americani con l’Eni costringendola a lasciare molti paesi mediorientali, in primis l’Iran, dove gli italiani erano entrati addirittura ai tempi del fondatore Enrico Mattei anticipando tutte le grandi compagnìe petrolifere del tempo?

Ma sapete che gli americani fanno questo a tutti gli alleati. Ad esempio pure per gli aerei Boeing, i pezzi degli aerei vengono prodotti pure in Malesia, Turchia, Filippine, forse pure in Italia, di sicuro anche in Francia e Germania, ma poi a mettere insieme tutti i pezzi, a vendere e quindi a guadagnare il grosso degli introiti sono loro.

In altre parole si arricchiscono alle spalle del lavoro degli altri paesi, per usare un termine appropriato li sfruttano, e poi portano a casa la grana grazie ad un preciso e direi perfido sistema di gestione e management.

“Noi nell’Italia ci crediamo”. Sono d’accordo con voi. Ci credete, ma credete nel suo saccheggio!

Fonte: http://italian.irib.ir

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