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Reddito di base, l’esperimento Finlandese

Mentre in Italia è solamente un’ipotesi da discutere, il reddito di base è diventato realtà in Finlandia. Il 2 Gennaio 2017, infatti, il governo finlandese ha dato vita ad un “progetto pilota” dalla durata di due anni, che vedrà coinvolti più di duemila disoccupati finnici. La cifra stanziata dal governo di Juha Sipila è di 560 euro che verranno versati ogni mese ad ogni singolo disoccupato che prende parte al progetto.

sfruttamentoIl governo finlandese ha scelto in modo casuale i cittadini senza un impiego che riceveranno il reddito di base. Tutti hanno un’età compresa tra i 25 ed i 58 anni. Questi svolgevano già degli impieghi in passato, chi operaio chi con compiti più qualificati. Nei prossimi mesi si vedranno recapitare la somma prevista senza nessun intoppo burocratico nè penalità. Infatti, se guadagneranno altri soldi non avranno nessuna penalità e non dovranno rendere conto di come il denaro sarà speso.

Il reddito di base, pensato dal governo di Helsinki ha uno scopo ben preciso che è quello di mettere il lavoratore nelle condizioni ottimali di non dover accettare condizioni di lavoro sfavorevoli o stipendi eccessivamente bassi. Se pensiamo che nel territorio italico, si sta facendo una battaglia per eliminare o per lo meno regolamentare i famosi “voucher”, si vede come in altre nazioni si sia all’avanguardia o che si ha un’attenzione vera sulle problematiche del mondo del lavoro e non semplici proclami sterili e ministri che ragliano a sproposito su chi è stato costretto ad abbandonare la propria nazione. Un altro mondo, nel vero senso del termine.

I partecipanti al reddito di base potranno svolgere degli impieghi part-time, a tempo determinato o anche attività in proprio. Infatti, diversamente dai sussidi di disoccupazione, che vengono erogati in modalità più controllate, guadagnare altre somme di denaro non porta alla perdita della somma erogata.

In Finlandia, secondo i dati ufficiali, il tasso di disoccupazione è dell’8,6% che è in linea con la media dell’Unione Europea. In alcune aree, però, vedi il polo tecnologico di Oulu, il tasso sfiora la cifra del 16,5%, soprattutto dopo i licenziamenti in massa di un ex colosso come Nokia. A farla da padrone è il pragmatismo, dote principale in Finlandia, infatti il progetto del reddito di base nasce con l’intento di creare nuovi posti di lavoro. Negli ultimi anni, come tutte le nazioni, anche quella finnica ha subito le morse della crisi, portandola a vivere un periodo di stagnazione. La crisi ha impedito all’industria di rinnovarsi e ne ha risentito anche il commercio con la confinante Russia.

Tutto, o per la maggior parte, è stato ammortizzato da uno “stato sociale” che se per certi versi è molto complicato, per altri è in grado di venire in contro alle esigenze attraverso sussidi sociali che hanno portato il governo finlandese all’idea di snellire e semplificare. Uno dei timori principali del premier Sipila è quello di creare delle disuguaglianze nella popolazione, rischio che si vuole del tutto evitare.

Il New York Times ha già puntato la sua lente sulla Finlandia e sull’operazione del reddito di base, in America si guarda con molta attenzione a quello che potrebbe accadere. Mentre in Italia la notizia passa in sordina, negli Stati Uniti sono curiosi di leggere i primi dati che verranno raccolti nei due anni di prova. Se positivi, infatti, si potranno delineare nuove politiche sociali. Il tutto si situa nell’idea di garantire ai cittadini un reddito di base che sia in grado di aiutare i lavoratori che sono stati penalizzati dal processo di globalizzazione. Se nazioni come la Svizzera hanno bocciato l’idea, in altre nazioni come Francia e Olanda sta prendendo corpo l’idea del reddito di base. Il tutto mentre in Italia si gioca sulla pelle dei disoccupati e di chi cerca di sopravvivere ai soprusi quotidiani sia della classe politicante sia del datore di lavoro.

di Sebastiano Lo Monaco

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