Santiago Maldonado e la lotta delle Madri di Plaza de Mayo
Il 5 dicembre scorso, Papa Francesco ha ricevuto nella sua residenza di Santa Marta Taty Almeida, una delle Madri di Plaza de Mayo, Línea Fundadora, e Sergio Maldonado, fratello di Santiago Maldonado, scomparso il 1 agosto nei pressi di Esquel, nella Patagonia argentina. Santiago stava dimostrando a fianco del popolo mapuche che rivendica i territori ancestrali, ora di proprietà della famiglia Benetton. Il corpo di Santiago è stato ritrovato senza vita dopo due mesi e mezzo nel fiume Chubut, nella regione del Chubut, poco lontano da dove era stato prelevato con la forza dalla gendarmeria.
«La riunione che abbiamo avuto con il Papa è stata molto calorosa ed emozionante ma non abbiamo parlato di politica, è stato un incontro di tipo personale», ha riferito Sergio Maldonado mentre tiene in mano una fotografia del fratello. Dopo il ritrovamento del corpo di Santiago, Sergio ha dovuto affrontare il doloroso compito dell’individuazione del cadavere e, grazie ai tatuaggi, ha potuto riconoscere la salma del fratello. «Noi chiediamo giustizia, il Papa è una persona informata dei fatti: mentre noi gli raccontavamo delle indagini, delle perizie, lui era a conoscenza di tante cose, si capisce che è informato”, prosegue Sergio.
Il Pontefice ha promesso ai suoi connazionali che si impegnerà per la declassificazione degli archivi dell’ultima dittatura custoditi dalla Santa Sede. L’anno scorso il Vaticano ha annunciato la declassificazione degli archivi dell’ultima dittatura argentina tramite un protocollo che è stato stipulato in collaborazione con la Conferenza Episcopale Argentina.
Durante l’incontro, Taty Almeida, il cui figlio è uno dei 30mila desaparecidos della la dittatura militare, ha donato a Papa Francesco un libro sulla storia delle Madri di Plaza de Mayo, Línea Fundadora: “Desovillando la historia”, scritto da María Adela Antokoletz ed uno sui desaparecidos del Racing Club, un volume con 24 poesie di suo figlio Alejandro.
Taty Almeida ha consegnato al Santo Padre anche un quadro con il fazzoletto simbolo che identifica le Madri, mentre Papa Bergoglio ha benedetto un fazzoletto che le Madri di Plaza de Mayo esporranno nella loro sede di Buenos Aires. Papa Francesco ha anticipato che il 17 gennaio prossimo sarà in Cile, a Temuco, per pranzare con gli indigeni del luogo, alcuni abitanti dell’Araucanía ed un gruppo di Mapuche. Taty Almeida e Sergio Maldonado, in occasione del loro soggiorno a Roma per l’incontro con il Pontefice, sono stati intervistati da giornali, radio e televisioni ed hanno avuto contatti con molte associazioni.
Il 7 dicembre sono stati graditi ospiti presso la Casa del Popolo di Torpignattara dove si è tenuto un incontro organizzato dalle associazioni ‘Argentinos en Italia por la Memoria Verdad y Justicia’, ‘Progetto Sur’, il ‘Comitato italiano per la liberazione di Milagro Sala’, l’agenzia di stampa internazionale ‘Pressenza’ e a cui hanno partecipato un centinaio di persone.
Taty Almeida con voce ferma e decisa ha raccontato la sua storia di madre che, da 40 anni, custodisce dentro di sé un dolore immenso, la perdita del figlio Alejandro, sparito nel nulla nel 1975, quando aveva solo vent’anni, ancor prima del colpo di stato che portò al potere i militari in Argentina. Prima di iniziare a parlare si annoda sul capo il fazzoletto delle Madri di Plaza de Mayo perché – spiega – ‘non parla più solo per se stessa ma a nome dei 30mila desaparecidos che non possono più farsi sentire’.
La sua voce è roca, potente, decisa. Ha urlato tutti i giovedì in Plaza de Mayo da quarant’anni, in compagnia delle altre Madri, riunite di fronte alla Casa Rosada per gridare: «Dove sono i nostri figli?». Racconta la sua storia, la stessa di tante madri argentine, vittime del colpo di Stato del 24 marzo del 1976 che fece desaparecer nelle carceri e sui voli della morte 30mila persone, per la maggior parte giovani vite. Un’intera generazione inghiottita dalle acque del Rio della Plata tra il 1976 e il 1983.
«Ho tre figli, Jorge, Alejandro, Maria Fabiana – prosegue Taty Almeida – Alejandro, il mio secondogenito, il 17 giugno del 1975, non tornò più a casa. Alejandro studiava, stava seguendo il primo anno di Medicina. Era un militante dell’Erp (Esercito rivoluzionario del popolo) [1], non mi diceva niente di quel che faceva per proteggermi. Nella mia famiglia c’erano molti militari: fratelli, cognati, non voleva coinvolgermi e farmi preoccupare. Quel giorno mi disse solo: “Domani non vado all’Università” e non l’ho più visto. Ancora oggi c’è gente che dice: “Ci sarà un motivo se sono spariti” e noi madri rispondiamo con orgoglio “Certo non perché erano stupidi”».
Taty Almeida continua: “Andai dal Capo della Polizia a chiedere notizie di mio figlio, ma lui mi disse ‘Non possiamo fare nulla’. Non aderii subito al movimento delle Madres ma nel 1980 mi feci coraggio e andai con mia figlia Fabiana, entrai nel gruppo delle Madri di Plaza de Mayo. Non è stato facile per me avvicinarmi. Molte erano casalinghe o attiviste, io ero un’insegnante. Ognuna aveva una storia diversa, se non fosse stato per la scomparsa dei nostri figli non ci saremmo mai conosciute. Temevo di essere respinta, a causa della mia famiglia legata all’ambiente militare, e invece quando mi presentai la madre fondatrice Maria Geltrude Antocolez mi chiese: ‘¿A tí quien falta?’ (A te chi manca?). La sorte di Alejandro era la stessa di tanti ragazzi, non esistevano differenze sociali. Stare insieme ci aiutava a condividere il dolore, la perdita, la lotta. Il dolore lo abbiamo trasformato in una battaglia pacifica».
Si emoziona ancora quando rievoca il 30 aprile del 1977, quando 14 donne coraggiose andarono in Plaza de Majo, sfidando lo stato di assedio imposto dai militari che vietava a più di tre persone di riunirsi. «Azucena De Vicenzi, una delle Madri fondatrici – continua Taty Almeida – disse che non potevamo più stare separate, bisognava unirsi e far sapere al mondo quel che stava accadendo”. La polizia diceva “camminare, camminare”. Fu in quel momento che nacque, ogni giovedì dalle 15.30 alle 16, il movimento delle Madri di Plaza de Majo che a poco a poco si pose all’attenzione pubblica internazionale. Ancora oggi marciamo insieme con le Abuelas de Plaza de Mayo, le nonne dei neonati strappati alle mamme dissidenti detenute che erano costrette a partorire incatenate e poi uccise. I bimbi appena nati, privati della loro identità, venivano dati in adozione alle famiglie dei militari. Il nostro grido in piazza era ‘Apparizione con vita!’. La nostra lotta è per la memoria, la verità e la giustizia. Il Presidente Alfonsin (10 dicembre 1983 – 8 luglio 1989), a capo di un governo democratico – sottolinea con forza – durante il suo mandato emanò due leggi a favore dell’immunità dei militari e questo, per noi, fu un altro golpe.
Nel 2003, il presidente Nestor Kirchner annullò la legge sull’immunità così ebbe inizio la ricerca dei mandanti di tutti quei morti e con impegno e determinazione sono stati individuati, giudicati e condannati centinaia di assassini. Con il governo Macri, arrivato alla Casa Rosada nel novembre 2015, in Argentina è iniziata una forte repressione, non c’è libertà di stampa, la situazione è davvero critica e preoccupante, sembra di essere tornati indietro di 40 anni perché molti politici in questi ultimi due anni sono scomparsi, come è successo a Santiago Maldonado.
Taty Almeida confida che, benché sia ormai in età avanzata (87 anni portati egregiamente), probabilmente non riuscirà a vedere chiuso in carcere l’ultimo dei carnefici, tuttavia si sente tranquilla perché sta passando il testimone ai giovani, i figli dei desaparecidos, che hanno preso in mano la lotta per la verità e la giustizia. “Oggi per noi – prosegue Taty – è una giornata importante perché è stata ritrovata la 126sima nipote, una dei circa 500 neonati dei desaparecidos, sottratti alle loro famiglie e assegnati alle coppie sterili di amici del governo militare e cresciuti del tutto ignari con i carnefici dei loro genitori.
Con Taty Almeida e Sergio Maldonado c’è anche Carlos Pisoni, figlio di genitori desaparecidos durante la dittatura. Carlos racconta come sia riuscito a trasformare il suo dolore e la sua ira in energia costruttiva aderendo al movimento H.I.J.O.S. Il condividere con altri un passato comune, ancorché doloroso, gli ha consentito di mettere a disposizione di una comunità le proprie energie per sperare in un futuro migliore e realizzare un benessere collettivo, piuttosto che indirizzare da solo la propria rabbia verso una vendetta personale.
“Quando ormai stavamo per perdere ogni speranza – racconta Carlos – abbiamo ricevuto l’appoggio di molti Paesi, tra cui l’Italia. Siamo riusciti a portare davanti alla giustizia 820 assassini che sono stati condannati. La maggior parte di essi sono in carcere, quelli che hanno più di 70 anni si trovano agli arresti domiciliari.
Due anni fa con il governo di Mauricio Macri è iniziato un inasprimento della violazione dei diritti umani. Il governo vuole cancellare la memoria di ciò che è accaduto ma noi non lo permetteremo. Ciò che sta succedendo è il prodotto di un modello economico, lo stesso che avevamo durante la dittatura. Questo modello economico provoca conseguenze pesanti: la disoccupazione, le ristrettezze economiche, per questo motivo la gente scende in strada per protestare come Santiago Maldonado che stava dimostrando a fianco dei Mapuche per la rivendicazione dei terreni ancestrali di proprietà ora dei Benetton, o come Rafael Nahuel, un giovane mapuche di 22 anni, ucciso dalla polizia due settimane fa.
Oggi la famiglia Maldonado, grazie alla lotta instancabile che ha portato avanti in questi mesi, è riuscita a riavere un corpo su cui piangere. “La nostra non è stata solo una lotta per Santiago, ma una lotta pacifica che ha coinvolto migliaia di persone, un impegno per tutta la società argentina che si è vista catapultata indietro di 40 anni, ai tempi bui della dittatura e dei desaparecidos.
Tutto ha avuto inizio il 31 luglio mentre Santiago a fianco di un gruppo di Mapuche stava dimostrando per il recupero delle terre ancestrali indigene, ora di proprietà della famiglia Benetton, vicino a Esquel nella Patagonia argentina. Il 1 agosto, Santiago è sparito. Ci sono testimoni che lo hanno visto consegnarsi alla gendarmeria. Per 78 giorni il governo ha negato qualsiasi coinvolgimento nell’accaduto. Il 24 agosto è stata chiesta un’indagine per sparizione forzata, in risposta il governo e la polizia hanno iniziato un’indagine sulla famiglia.
Durante questi 78 giorni Santiago è stato accusato di essere un terrorista Isis, un terrorista kurdo, un membro del gruppo Ram (Resistencia Ancestral Mapuche) o delle Farc (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia – Ejército del Pueblo). Il Governo ha dovuto creare un nemico interno, ha addossato la responsabilità dell’accaduto ai Mapuche. Ma i Mapuche sono ragazzi di 18-20 anni che non possiedono armi, hanno solo bastoni e pietre come Rafael Nahuel, un giovane mapuche di 22 anni, colpito alle spalle e ucciso il 25 novembre scorso durante una operazione repressiva della Prefectura Naval nella località di Villa Mascardi, a San Carlos de Bariloche, nella provincia di Rio Negro. Ora, lo scenario dove è stato ritrovato il corpo di Santiago è variato, è cambiata la stagione e le condizioni metereologiche sono diverse, c’è molta acqua ed il modo in cui le indagini vengono condotte fa sorgere molti dubbi.
Santiago era una persona altruista e solidale, pensava molto agli altri, aveva moli amici, era stato a fianco anche dei pescatori di Chiloè, in Cile, nelle loro rivendicazioni. Gli piaceva viaggiare ma allo stesso tempo era attaccato alla sua famiglia. Era come qualunque altra persona che ha i suoi affetti ed i suoi ideali basati sulla solidarietà. Io, per esempio, non avrei potuto andare lì e rischiare con il mio corpo come ha fatto lui ed è per questo che voglio chiedere giustizia, da quattro mesi a questa parte dedico tutto il mio tempo perché venga resa nota la verità sulla morte di mio fratello. In un primo tempo Santiago è svanito nel nulla e dopo due mesi e mezzo il suo corpo è stato ritrovato, ora si deve capire come sia morto.
Gli amici di Santiago si sono impegnati moltissimo dopo la sua sparizione. Per difenderci dagli attacchi e dalle ‘fake news’, che sono state create ad hoc su Santiago, abbiamo realizzato, grazie ad un mio amico, un sito web (http://www.santiagomaldonado.com/) ed ogni giorno in questi mesi siamo stati impegnati a smentire le false notizie che, quotidianamente, venivano divulgate su Santiago e sulla nostra famiglia. È stato e continua ad essere un impegno costante. Dalla destra alla sinistra tutti si sono uniti per Santiago. La lotta sociale è riesplosa, ha coinvolto la Corte Interamericana dei Diritti Umani, numerose organizzazioni internazionali fino ad arrivare a Papa Francesco.
Il pubblico ha ascoltato in un emozionato silenzio i racconti dolorosi degli ospiti ed al termine la battagliera Taty Almeida ha nuovamente preso la parola per ricordare Marta Vasquez, presidente delle Madri di Plaza de Mayo, Línea Fundadora, venuta a mancare in novembre. E, trascinando il pubblico che, con un applauso caloroso ed affettuoso, si è alzato per salutarla, la combattiva Taty ha concluso il suo intervento gridando con voce risoluta, energica e commossa:
“Para Santiago Maldonado! Para Rafael Nahuel! Para los 30mila desaparecidos de la dictadura argentina: Presente!”
di Patrizia Larese
[1] un’organizzazione guerrigliera argentina di ispirazione marxista e guevarista attiva a partire dal 1970 in Argentina. Costituiva teoricamente la componente armata del cosiddetto Partido Revolucionario de los Trabajadores (Prt)