L’Unrwa non ha più fondi per la ricostruzione di Gaza
Con un comunicato reso noto martedì 27 gennaio, l’Unrwa ha dichiarato di non essere più nelle condizioni di fornire l’assistenza casa ai gazawi che, in seguito all’offensiva israeliana di quest’estate, sono rimasti senza un riparo.
“L’Unrwa a Gaza ha finora fornito più di 77 milioni di dollari per 66mila famiglie di rifugiati palestinesi per riparare le loro case o trovare un’alternativa temporanea. Questo è un risultato straordinario; e purtroppo anche del tutto insufficiente. E’ facile guardare a questi numeri e perdere di vista il fatto che stiamo parlando di migliaia di famiglie che continuano a soffrire il freddo senza un riparo adeguato. Le persone stanno letteralmente dormendo tra le macerie; ci sono bambini morti di ipotermia. Circa 5,4 miliardi di dollari sono stati promessi alla conferenza del Cairo lo scorso ottobre e praticamente niente è arrivato a Gaza. Questo è doloroso e inaccettabile. Non è chiaro il motivo per cui tale finanziamento non sia disponibile. L’Unrwa è sempre stata un fattore di stabilizzazione in un contesto politico e di sicurezza molto impegnativo. L’interruzione del programma avrà gravi conseguenze per le comunità colpite a Gaza. La gente è disperata e la comunità internazionale non può nemmeno fornire il minimo indispensabile – per esempio una casa e un riparo per l’inverno – per non parlare della revoca del blocco, l’accesso ai mercati o la libertà di movimento. Abbiamo già detto che questa apparente tranquillità non durerà, e che questo è un rischio concreto”.
Con queste parole Robert Turner, direttore delle operazioni di Unrwa a Gaza, ha delineato la drammatica situazione in cui versano migliaia di famiglie a Gaza ed ha espresso preoccupazione e sdegno per l’apatia che sembra aver paralizzato chi avrebbe l’obbligo di far giungere nella Striscia i fondi ‘promessi’ alla conferenza del Cairo e destinati alla ricostruzione di 96mila tra abitazioni e infrastrutture parzialmente o totalmente distrutte da Israele durante “Protective Edge”. Tra coloro che si sono impegnati nella raccolta fondi spiccano il Qatar con 1 mld, l’Unione Europea con 568 mln, gli Usa, gli Emirati Arabi e la Turchia con 200 mln ciascuno. Ma, come ha dichiarato Turner “dei cinque miliardi e 400 milioni promessi alla conferenza del Cairo a Gaza non ne è arrivato di fatto neanche uno”.
E mentre il 27 gennaio, il mondo intero si è fermato per commemorare le vittime dell’olocausto patito dagli ebrei, quello del popolo palestinese si consuma sotto i nostri occhi indifferenti ogni giorno. Proprio a questo proposito, riteniamo sia doveroso ricordare l’iniziativa di 327 ebrei sopravvissuti all’Olocausto o discendenti delle vittime del genocidio nazista che, il 23 agosto scorso, hanno pubblicato una lettera sul New York Times. In essa si legge: “In qualità di ebrei sopravvissuti e discendenti di vittime del genocidio nazista, condanniamo inequivocabilmente il massacro dei palestinesi a Gaza e la continuazione dell’occupazione e colonizzazione della Palestina storica. Altresì condanniamo gli Stati Uniti per fornire a Israele i finanziamenti necessari ad attuare l’attacco, nonché i Paesi occidentali più in generale per usare il loro peso diplomatico al fine di proteggere Israele da condanne. I genocidi cominciano col silenzio del mondo (…) Nulla può giustificare il bombardamento di rifugi dell’Onu, di abitazioni civili, di ospedali e di università. Nulla può giustificare il privare la gente dell’elettricità e dell’acqua. Dobbiamo levare le nostre voci collettive e usare il nostro potere per porre fine ad ogni forma di razzismo, compreso il genocidio in corso del popolo Palestinese. Chiediamo l’immediata cessazione del blocco di Gaza. Chiediamo un completo boicottaggio economico, culturale e accademico di Israele. ‘Mai più’ deve significare ‘mai più per tutti’”.