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L’Ungheria resiste agli attacchi e risponde con “sdegno” all’Unione europea

di Federico Cenci

Non solo l’eccezionale ondata di maltempo di questi giorni. Ad insidiare l’Ungheria, vi è anche un altro tipo di tempesta, di natura mediatica e politica, la quale, iniziata più di un anno fa, ora sta raggiungendo il suo culmine. L’approvazione da parte del Parlamento ungherese delle modifiche della Costituzione ha dato fuoco alle polveri. Con una veemenza mai raggiunta prima, la stampa occidentale ha lanciato un nuovo allarme arrivando a parlare di “golpe bianco” sulle rive del Danubio. Ciò che si legge sui giornali rappresenta, pertanto, un’eco ingigantita delle parole preoccupate utilizzate dai vertici dell’Unione europea. Dal presidente della Commissione José Barroso al segretario generale del Consiglio Thorbjørn Jagland fino al presidente del Parlamento Martin Schulz, tutte le più alte cariche europee ribadiscono il proprio disappunto nei confronti del Governo di Viktor Orbán.

Come se non bastassero gli strali, ora Bruxelles conta di ricorrere anche all’ingerenza verso il sistema giudiziario ungherese pur di fiaccare le aspirazioni sovrane da parte di Budapest. In un articolo pubblicato il 9 marzo dal quotidiano tedesco “Frankfurter Allgemeine Zeitung”, infatti, Viviane Reding, Commissario europeo alla Giustizia, ha affermato che la riluttanza dell’Irlanda nell’estradare in Ungheria un suo cittadino per un incidente stradale mortale è “comprensibile”. Reding ha detto di non essere “sorpresa dopotutto: questo è accaduto precisamente mentre in Ungheria venivano poste molte gravi questioni sull’indipendenza del sistema giudiziario ungherese”.

L’atteggiamento di Reding, la quale arriva persino a giustificare un Paese come l’Irlanda che si rifiuta di osservare una (pur discutibile) direttiva comunitaria (il mandato di cattura europeo), la dice lunga sia sulla consistenza dei principi dell’Unione europea sia sul fastidio che le politiche ungheresi stanno provocando a Bruxelles.

Questi ripetuti tentativi di ostacolare il lavoro del Governo di Viktor Orbán continuano, tuttavia, a produrre soltanto buchi nelle acque del Danubio. Alle parole di Viviane Reding, Budapest ha infatti risposto con fermezza. Attraverso un comunicato, il ministero della Giustizia Tibor Navracsics “esprime il suo profondo sdegno rispetto a una valutazione fatta da Viviane Reding in cui si critica il sistema giudiziario ungherese sul caso Tobin (nome del cittadino irlandese condannato da un tribunale ungherese, ndr)”. Navracsics ha inoltre chiesto a Reding di “astenersi gentilmente dal fare pubbliche dichiarazioni senza sufficienti basi che diano spazio a interpretazioni maliziose”.

Il profilo alto del ministero della Giustizia è lo stesso adottato da Viktor Orbán quando, la settimana scorsa, per rispondere agli attacchi dei media occidentali, ha organizzato una conferenza stampa. Le critiche mosse all’Ungheria – aveva affermato il premier – sono “prive di fondamento”, chi ha parlato deve “prima guardare i fatti e poi saremo lieti di rispondere a ogni preoccupazione”. Finora, la richiesta di Orbán è rimasta inevasa.

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