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L’Ue presenta il nuovo rapporto sulla Turchia

di Salvo Ardizzone

Il rapporto della Commissione Ue sulla Turchia è stato finalmente pubblicato; più che il suo contenuto (assai pesante) ciò che la dice lunga sui rapporti fra Bruxelles e Ankara è la tempistica: lo slittamento della sua divulgazione da ottobre a novembre, a dopo le elezioni del 1° novembre per non urtare il presidente turco Erdogan.

È la migliore dimostrazione dell’ipocrisia di un’Europa che, per miope convenienza, tratta con chi viola sistematicamente quelli che, ufficialmente, sarebbero i cosiddetti valori fondanti della Ue (a non dire con chi delle crisi che insanguinano il Medio Oriente, e causano le andate dei migranti, è uno dei maggiori responsabili).

Limiti nel settore giudiziario e nella libertà d’espressione; pressione e intimidazione sui giornalisti, deterioramento della sicurezza ed altro ancora sta scritto sul rapporto; malgrado ciò, i leader europei fanno a gara per vezzeggiare il Sultano (vedi la Merkel nel suo viaggio in Turchia poco prima delle elezioni) offrendo denaro ed aperture politiche, con l’intenzione di farne un nuovo Gheddafi, che blocchi i flussi di migranti dal Medio Oriente magari rinchiudendoli in campi simili a lager.

Per i pavidi e inconcludenti Governi della vecchia Europa è un argomento essenziale; sono molti i leader che hanno dichiarato apertamente che l’onda di profughi potrebbe segnare la fine della Ue.

Erdogan lo ha capito bene da tempo ed ha usato quei disperati come un’arma; adesso sa di avere il coltello per il manico e vuole passare all’incasso, per questo non ha dato alcun peso al rapporto della Commissione che sulla stampa turca (ormai pilotata dal regime) non ha avuto eco. Oltre alla richiesta di denaro (sono già stati offerti 3 Mld) ha posto all’Europa tre condizioni: liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi entro il 2016; riapertura dei negoziati, congelati dai veti di Francia, Austria e Cipro, per una rapida ammissione trionfale della Turchia; invito dei leader turchi ai vertici Ue (col sottinteso che ne determino le politiche sulla Siria e il Medio Oriente).

Dichiarando che l’unico modo di risolvere la crisi dei migranti è creare le condizioni perché ritornino in Siria (sorvolando su tutti gli altri che provengono da altri Paesi), Ankara si aspetta non solo di avere carta bianca sulla vicenda, ma di ricevere la massima copertura politica e militare alla sua strategia verso Damasco.

Erdogan sa che l’Europa non è affatto determinante per la soluzione di quella crisi, ma sa pure di tenerla in pugno ed è deciso a ricavare tutto quanto potrà strappare a un Continente diviso, inconcludente e terrorizzato dall’onda dei disperati che lui per primo ha contribuito a mettere in fuga.

Dopo la sua vittoria elettorale il Presidente intende dichiarare la guerra totale ai suoi nemici interni ed esterni, vagheggiando di riportare la Turchia al centro dei giochi nel Mediterraneo e in Medio Oriente.

Invece di agire contro chi è fra i colpevoli d’aver causato una guerra sanguinosa e l’alimenta, facendo delle popolazioni una massa di profughi, un’Europa vile e balbettante servirà solo da sgabello alla sua patologica voglia di potere. Meschina, succube e subalterna come sempre.

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