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Lo Stato messicano sotto accusa per “la distruzione della gioventù e delle generazioni future”

di Cristina Amoroso

In un nostro articolo del 21 ottobre, “Contro la corruzione e il crimine organizzato, continua la mobilitazione per la sparizione dei 43 studenti”, avevamo denunciato la scomparsa dei 43 studenti dell’università rurale Ayotzinapa, nello Stato di Guerrero, in Messico, partiti il 26 settembre per una manifestazione e da allora svaniti nel nulla.

L’orribile verità, per ammissione dei sicari, è venuta a galla in questi giorni, consegnati dalla polizia locale ai narcos, per ordine del sindaco sono stati bruciati e parte dei loro resti gettati in un fiume. Altri invece erano in una fossa comune. Crimine brutale contro l’umanità che ha sconvolto la società messicana e provocato l’indignazione in tutto il mondo.

Purtroppo però questa non è stata un’azione isolata ed eccezionale, ma una politica di Stato costante e sistematica per decenni. Come l’uccisione a distanza ravvicinata di un numero imprecisato di studenti in piazza Tlatelolco, a Città del Messico, dalle forze di sicurezza il 2 ottobre 1968 (alcune stime parlano di 300 studenti). Come le uccisioni del 10 giugno 1971 operate dai gruppi paramilitari per le strade di Città del Messico contro una manifestazione studentesca pacifica. Come nella guerra sporca degli anni ’70 e ’80, quando il Paese, come oggi, è stato riempito di prigioni e  fosse comuni e l’esercito messicano ha avuto il privilegio di aprire i voli della morte, “macabra tecnica” di sparizione forzata esportata dai francesi della controinsurrezione in Algeria, che gettavano in mare da aerei algerini rivoluzionari durante la lotta per l’indipendenza.

Se poi alla violenza politica si unisce la struttura sociale contro i giovani, l’ aumento della transnazionalizzazione capitalista neoliberista che ha privato i giovani delle conquiste di uno stato walfare  – istruzione, salute, cultura, tempo libero – si capisce perchè negli ultimi anni migliaia di  persone sono state vittime di esecuzioni extragiudiziali, la maggioranza dei quali sono giovani e poveri. I giovani soffrono anche di forme di sfruttamento, ad esempio, lo sfruttamento eccessivo, e una maggiore precarietà delle condizioni di vita, la disoccupazione e la sottoccupazione nei luoghi di lavoro, sono stati anche il settore con i più alti tassi di spostamenti forzati dentro e fuori del Messico.

Da qui si capisce l’importanza e la rilevanza dell’iniziativa in corso da più di un anno sul Capitolo Messico del Tribunale Permanente dei Popoli, voluto dalla Fondazione italiana Besso. L’audizione tematica sulla “distruzione della gioventù e delle generazioni future” si è tenuta dall’8 al 10 novembre 2014 presso il Museo della Città del Messico; alla preparazione del processo e dell’udienza, che è durata più di un anno, hanno partecipato centinaia di giovani di più di 20 Stati messicani. Il capitolo Messico del Tribunale Permanente dei Popoli, dal nucleo del loro lavoro, “Il libero scambio, la violenza strutturale e l’impunità”, terrà la sua ultima udienza il 12, 13 e 15 novembre nel Centro Culturale dell’Università.

I giovani come parte della popolazione (32%) e come gruppo sociale dell’attuale globalizzazione del capitale si autodefiniscono così: “Noi siamo la parte più lesa della nazione distrutta, della terra occupata. Noi siamo la generazione nata nel libero scambio, l’ultima generazione del Paese. Noi siamo le conseguenze e le tracce di ciò che il neoliberismo non ha spazzato via. Siamo il presente a cui si nega il passato e si chiude ogni possibilità per il futuro. Noi siamo le generazioni passate di un futuro che minaccia di non esistere, le generazioni di un passato liquidato. Siamo i giovani del Messico, e i condannati della patria”, come riporta Gilberto Lopez y Rivas, politico e antropologo messicano, nonché membro del Partito della Rivoluzione Democratica dal 2003.  

Il documento di base denuncia il governo messicano per distruggere e fornire i giovani come parte dello smantellamento e la consegna del Paese. Essi accusano il governo messicano nel suo insieme, i tre rami del governo: esecutivo, legislativo e giudiziario; i governi di tutti i presidenti da Gustavo Diaz Ordaz a Enrique Peña Nieto, che ha firmato l’Accordo nordamericano di libero scambio; il governo degli Stati Uniti e le sue agenzie di sicurezza e di intelligence; agenzie internazionali come la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, l’Oas e le agenzie delle Nazioni Unite complici nei crimini denunciati; multinazionali che saccheggiano e devastano il Paese; ai media per nascondere e distorcere la realtà della nazione occupata; agli intellettuali, le Ong e gli istituti che servono l’ingerenza straniera; università e centri di ricerca che guidano il progetto neoliberista; istanze e gruppi criminali extra-statali, narcotrafficanti, paramilitari e altri responsabili.

I giovani ritengono che la modifica e la creazione di leggi per riconfigurare lo Stato al servizio del capitale transnazionale e dell’imperialismo statunitense ha significato infatti la dichiarazione di una guerra asimmetrica sociale, generale e permanente contro il popolo messicano, la madre terra, la nazione. “Una guerra che per sostenersi ha richiesto di  annientare i giovani e chiudere la porta alle generazioni future… Denunciamo che questa guerra è una guerra juvenicida. Il juvenicidio in questo senso è più di un omicidio giovanile; è quando cercano di portare via la nostra forza vitale, la nostra umanità e la nostra capacità di trasformare la realtà, vale a dire i nostri giovani”.

Lo Stato messicano è sotto processo per avere sovvertito il potere ed essere uno Stato criminale, della sua gestione dovrà rispondere al Tribunale del popolo e ai cittadini stessi.

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