Libia, uno Stato fallito tra scontri e ingerenze
Nuovi rapporti suggeriscono che le forze fedeli al governo di Tripoli della Libia hanno riconquistato l’ex aeroporto internazionale nel sud della capitale dalle forze orientali. Altri riferiscono che un aereo dell’esercito nazionale libico ha bombardato le posizioni dei gruppi armati. Questo mentre gli scontri sono ancora in corso nell’area di Qasr ben Ghashir, vicino all’aeroporto e sono più di tremila i civili che fuggono da Tripoli.
Il conflitto tra le fazioni rivali che rivendicano di essere il governo legittimo del Paese trascinano un conflitto prolungato che rischia di trasformarsi in una “guerra senza vittorie”, da quando giovedì scorso il maresciallo Haftar ha dato l’ordine alle sue truppe di prendere la città di Tripoli. Incertezza è la tabella di marcia.
Le forze in campo
Da un lato le truppe del maresciallo Khalifa Belqasim Haftar, capo dell‘Esercito nazionale libico (Enl), la più potente organizzazione armata in piedi dalla debacle che vive quel Paese dopo il rovesciamento e l’omicidio di Muammar Gheddafi nel 2011, che controlla oltre il settanta per cento del Paese, il cui Parlamento è installato nella città di Tobruk ad est del Paese e funziona secondo gli interessi di Haftar, e tra i backup internazionali contano l’Egitto, gli Emirati Arabi Uniti (Eau) e la Russia.
Dall’altra parte il Governo di unità nazionale (Gna), una grottesca armata delle Nazioni Unite, la cui figura più importante è il “Primo Ministro” Fayez al-Sarraj, con un controllo territoriale molto scarso di meno del 25 per cento, ma che ha l’importante sostegno degli Stati Uniti, della Francia, del Regno Unito e dell’Italia, la cui potenza di fuoco è fornita dalle potenti milizie della città di Misurata, circa 200 chilometri a ovest di Tripoli e da altri gruppi minori legati ai movimenti vicini ai Fratelli musulmani. I testimoni riferiscono che ci sono centinaia di camion carichi di combattenti provenienti da Misurata nella periferia est di Tripoli per neutralizzare la presenza di Haftar.
Le nazioni occidentali hanno chiesto che i combattimenti cessino, accusando Haftar di lanciare un colpo di Stato illegittimo e antidemocratico, mentre le Nazioni Unite hanno lanciato un appello per una tregua umanitaria temporanea che permetta il passaggio dei civili in fuga e il maresciallo ha promesso di salvaguardare la vita di civili, cittadini e stranieri e le “istituzioni statali”.
I problemi della Libia non sono nuovi o sorprendenti. Sono tutti un’estensione di una catastrofica decisione di politica estera fatta all’inizio di questo decennio, che ha rovesciato violentemente Muammar Gheddafi e ha fatto precipitare il Paese in una crisi dalla quale non ha recuperato.
Scelte sciagurate della Nato
Invece di cercare di contenere il conflitto tra Gheddafi e il Consiglio nazionale di Transizione e prevenire le vittime civili, come sostenevano che avrebbero fatto, la coalizione della Nato ha invece deciso di estendere il proprio mandato e sostenere un completo cambiamento di regime trasformando la guerra in favore dei ribelli, che sarebbe culminato nel brutale omicidio di Gheddafi nelle strade aperte.
Dietro tutto ciò c’era la convinzione che liberandosi di Gheddafi sarebbe salito al potere un nuovo regime filo-occidentale, o forse, come credono alcuni analisti, l’Occidente per varie ragioni voleva la Libia nel caos e pianificare l’attuale situazione.
La Libia è uno Stato fallito ora, creato da confini coloniali imposti, che contiene un numero di lealtà frammentate tribali ed etniche e un centro politico debole ed inorganico. Le tensioni sociali esistenti e l’autorità centrale legittima si sono semplicemente trasformate in più guerre, così come l’ascesa delle ideologie estremiste, che hanno ulteriormente destabilizzato il Paese e provocato conseguenze catastrofiche per la regione, persino per l’Europa, compresa la diffusione del terrorismo, la crisi della migrazione e così via.
È quindi inevitabile che la Libia abbia ora dato alla luce un nuovo leader “forte” che sta sequestrando il Paese con la forza. Gli interventi militari imposti dall’Occidente sono spesso basati su un idealismo errato che dà per scontato i privilegi di casa e non capisce che la democrazia non funziona nel vuoto e non è un gioco semplificato.
L’invasione della Libia guidata dalla Nato per un cambio di regime nel 2011 si distingue come uno dei più catastrofici calcoli della politica estera occidentale moderna, che ha supervisionato la distruzione completa, lo scompiglio e la decimazione della nazione nordafricana, con conseguenze catastrofiche per il resto della regione. Una delle diverse guerre illegali uscite dal vaso di Pandora apertosi il 24 marzo 1999 con l’attacco alla Jugoslavia, seguito da Afghanistan, Libia, Iraq e Siria, con una scia sanguinante di distruzione, rimozione forzata, dolore e morte.
di Cristina Amoroso