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Libia: Covid-19 e Ramadan non fermano scontri

Mentre il mondo occidentale si dibatte nella lotta contro il Covid-19, fermando in parte le proprie attività, così non si può dire per una nazione che è molto vicina all’Italia e non solo dal punto di vista geografico: la Libia. Infatti, nella vecchia colonia italiana continuano gli scontri tra le fazioni che da anni si contendono il potere, e che non si sono fermati neppure in piena crisi sanitaria. 

Lo scorso marzo, il Presidente al-Serraj e il Consiglio presidenziale libico avevano accolto la richiesta da parte di Paesi stranieri di fermare le ostilità per consentire alle autorità del Paese di rispondere alle minacce del Coronavirus. Il Consiglio presidenziale aveva dichiarato che era favorevole alla sicurezza di tutti i libici ovunque si trovassero, aggiungendo che stava lavorando con il ministero della Salute per imporre misure preventive in tutta la Libia. Inoltre, aveva invitato a sostenere gli sforzi volti a mantenere la pandemia di Coronavirus lontano dalla Libia, ribadendo l’impegno per le conclusioni della conferenza di Berlino, tra cui una sospensione delle ostilità e la protezione dei civili. Nella realtà dei fatti nulla è cambiato.

Con l’inizio del Ramadan si sperava che l’escalation militare si interrompesse

Il Ramadan, uno dei cinque pilastri dell’Islam, è il mese della preghiera per i musulmani di tutto il mondo. Questo mese è il mese sacro del digiuno, dedicato alla preghiera, alla meditazione e all’autodisciplina. Il digiuno è un obbligo per tutti i musulmani praticanti adulti e sani che, dalle prime luci dell’alba fino al tramonto, non possono mangiare, bere, fumare e praticare sesso. Al tramonto il digiuno viene interrotto con un dattero o un bicchiere d’acqua. Poi segue il pasto serale (iftar).

Atteso che l’unica cosa che la pandemia da Coronavirus è non riuscita a fermare è la sanguinosa guerra tra il Governo di accordo nazionale (Gna) guidato del Presidente al-Sarraj e le milizie del generale Haftar, non è ragionevole pensare che ciò accada dopo le premesse dello scorso anno, in cui si è combattuto lo stesso senza considerazione per il periodo sacro.

Gna lancia offensiva per riprendere il controllo di Tarhuna

Infatti, dopo aver riconquistato le città di Sabratha, Surman e al-Ajaylat, a Ovest di Tripolila scorsa settimana il governo di Accordo nazionale ha lanciato l’offensiva per riprendere il controllo di Tarhuna, principale base dell’uomo forte della Cirenaica nell’Ovest della Libia, situata circa 65 chilometri a Sud-Est della capitale.

Come aveva fatto lo scorso anno il generale Haftar, sono ora le forze di al-Sarraj che hanno fatto il massimo sforzo per ottenere il massimo risultato prima dell’inizio del mese sacro di Ramadan. Certamente l’obiettivo è allontanare il più possibile da Tripoli le forze di Haftar e nelle prossime ore dobbiamo attenderci un’offensiva durissima contro le forze dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna).

A seguito dell’offensiva, le forze di Haftar sono state costrette a ripiegare a sud, verso la base aerea di Al-Watiya. Nell’area a sud della capitale libica, invece, le posizioni sul terreno restano fondamentalmente cristallizzate. Altro fronte caldo continua a essere quello a sud di Misurata.

Se fino a un mese fa la situazione sembrava pendere in favore di Haftar, negli ultimi giorni non soltanto che l’avanzata non c’è stata, anzi, le forze del Lna stanno subendo diverse perdite da parte dei “tagliagole” turcomanni/siriane, che combattono assieme ai misuratini, inviati in Libia dal governo turco di Erdogan. Infatti, i miliziani siriani continuano ad approdare in Libia, grazie a voli speciali, che hanno fatto la spola tra la Libia e la Turchia, in barba all’embargo e alle misure sanitarie di contenimento del morbo. Fase difficile, dunque, per le truppe di Haftar nonostante supporto un centinaio di miliziani inviati dai russi.

In Libia il rischio di una Siria

Si ripete in terra libica lo scontro già visto in Siria, dove terroristi e mercenari al soldo dei turchi dopo aver trucidato i curdi senza una ferma reazione dei Paesi occidentali ora sono impegnati a compiere il proprio lavoro sulle sponde del Golfo della Sirte.

Al momento, la battaglia sembra comunque concentrarsi nell’area di Tarhouna, la più importante base del generale Haftar. Le notizie di cosa stia accadendo ora in questa città vitale per Haftar non sono ancora chiare, ma sembra che le forze del Gna sorrette dai mercenari al soldo dei turchi potrebbero entrate in città. Chi conquista Tarhouna conquista un capitale importante per le sorti di questa guerra, da qui la sua valenza strategica e da qui il possibile un bagno di sangue per mano dei turcomanni.

L’intervento dei russi a favore di Haftar, l’ingerenza turca o meglio in controllo turco del governo Serraj non sono buone notizie per il nostro governo che, specialmente in politica estera, al momento, sembra assente.

Si può concordare che il “Virus di Wuhan” distolga completamente l’attenzione italiana, ma si rischia che durante la “fase due” ci sia un brutto risveglio. Infatti, il presidente al-Serraj, rinfrancato dalle vittorie nei combattimenti, favorite dal supporto del dittatore turco, ci volti definitivamente le spalle. Forse, sarà già troppo tardi.

di Giuseppe Morabito ed Emanuela Locci

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