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Un porto funzionante per Gaza? Egitto e Israele si affrettano a chiarire

port2di Redazione

Sulla probabilità che si ricostruisca e che possa essere pienamente operativo un porto marittimo nella Striscia di Gaza si discute, ma non si va oltre le speculazioni dei commentatori.

Alcune ipotesi a sostegno dell’apertura di un porto a Gaza erano state affermate in TV da esponenti militari israeliani. Ora l’argomento torna a far discutere in senso correttivo della prima versione.

Il Gen. israeliano Mordechai chiarisce che non ci sono stati mai negoziati sull’apertura di un porto a Gaza e che, qualora se ne fosse discusso, sarebbe stato in risposta a funzionari egiziani, apparentemente i più allarmati da questa possibilità. L’Egitto avrebbe chiesto spiegazioni a Israele riguardo alle voci su accordi con la Turchia per la costruzione del porto palestinese. Nella presunta discussione per l’accordo ci sarebbe stata l’alternativa cipriota o anche un’isola artificiale.

Per rafforzare la sue contro dichiarazioni, Mordechai è intervenuto sul sito in arabo Elaf: “E’ una questione che, se sarà affrontata un giorno, investirà l’Autorità palestinese di Ramallah”, ha detto il militare israeliano.

Anche As-Sisi è di questo parere, contrario a qualunque relazione, pur indiretta con una Striscia di Gaza governata da Hamas, il presidente egiziano rimanda l’intera faccenda al momento storico in cui la Striscia di Gaza passerà, nella sua visione geopolitica, nelle mani dell’Anp. Forse As-Sisi intende lo stesso giorno in cui deciderà di riaprire pure il valico di Rafah…

Interviene ‘Azzam Al-Ahmad, facendo sapere che l’Anp non vuole un porto palestinese sul lato turco di Cipro.

Coerentemente alla propria visione dei palestinesi e del loro Stato, Israele – lo dicono i suoi militari eSchermata 2016-03-01 a 16.32.19 politici – interpreta l’esistenza di un porto marittimo a Gaza sotto la sua piena sorveglianza e senza mettere in discussione la sua sovranità, quella “derubata” delle risorse energetiche al largo delle coste di Gaza. Parola d’ordine per Israele “non menzionare impianti energetici, né piattaforme per l’estrazione di gas naturale”.

Tra i leader d’occupazione, il ministro della Difesa Moshe Ya’lon si dice favorevole al porto palestinese e Netanyahu non si esprime con chiarezza. Contrario, ma soprattutto sarcastico, un ex capo dello Shin Bet, la sicurezza nazionale israeliana, il quale avrebbe sostenuto che sarebbe più utile costruire tunnel per i palestinesi anziché un porto.

Seppur ancora funzionali agli interessi coloniali di Israele, meno sfrontate sono altre voci israeliane come quella del corrispondente per la difesa di Canale10 Alon Ben David. Per lui il porto di Gaza rappresenterebbe l’occasione per una tregua di lungo periodo temendo che, se lasciati a lungo nelle attuali disastrose condizioni umanitarie, i palestinesi potrebbero esplodere. “Temo però che esploderanno sempre contro di noi”, puntualizza Ben David che ammette di temere la resistenza di Hamas (il giorno in cui sarà in grado di rifornirsi di logistica per la resistenza tramite il porto), pur riconoscendone la leadership politica come l’interlocutore reale per raggiungere quel cessate il fuoco.

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