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Spagna, è l’ora di Podemos

di Salvo Ardizzone

Crolla il Partito Popolare, vince Podemos, limitano i danni i socialisti: è il risultato delle elezioni amministrative in Spagna, che fanno di quel Paese il laboratorio politico d’Europa.

Il premier conservatore Rajoy aveva impostato la campagna elettorale parlando di ripresa economica in atto, aumento dell’occupazione e stabilità politica; peccato che le misure liberistiche intraprese sotto la dettatura di Berlino abbiano fatto tornare all’utile i bilanci di molte grandi aziende, ma lasciato una disoccupazione prossima al 25%, e la stabilità l’abbia usata per farsi fedele ascaro della Merkel e adottare politiche che sono state un regalo per banche, poteri finanziari e grandi gruppi industriali.

La gente, che dal 2008 si dibatte in una crisi che ha fatto della macelleria sociale una regola, ha detto basta a dissennate politiche lacrime e sangue determinando il successo di Podemos, che s’aggiudica l’Amministrazione di Barcellona e costringe al ballottaggio l’eterna Alcalde di Madrid, Esperanza Aguirre dei popolari.

Il Movimento di Pablo Iglesias, collegandosi a liste civiche di sua espressione in tutta la Spagna, ha mietuto consensi ovunque, dimostrando una diffusione e una capacità di proposta che lo proiettano a correre per la vittoria alle politiche del prossimo novembre.

I socialisti del giovane segretario Pedro Sanchez flettono ancora, ottenendo il peggior risultato di sempre, ma si confermano il secondo partito frenando una caduta in atto da otto anni. Non è bastato il nuovo leader a far accettare una proposta politica in larga parte inadeguata e i troppi errori commessi nel passato.

Ancora due notazioni: appare sulla scena Ciudadanos di Albert Rivera, una formazione che, da posizioni borghesi sostanzialmente di destra, invoca un cosiddetto cambiamento, drenando i voti della classe media e contribuendo ad accrescere la crisi dei due partiti principali.

Spicca il disastro di Barcellona per i nazionalisti catalani di Ciu: avevano cavalcato l’indipendenza per far dimenticare i troppi scandali e, a dir poco, l’inefficienza nell’amministrazione della città. Gli elettori non hanno abboccato dando i consensi ad Ada Colau di Podemos, che non è certo tenera verso Madrid, ma quell’indipendenza vuole riempirla di contenuti. “Oggi è stata una rivoluzione democratica”, ha detto, “una rivoluzione che deve allargarsi a tutto il Sud Europa”.

E i presupposti cominciano a delinearsi: il Partito popolare, malgrado sia in testa in numerose regioni e in molte città, non ha comunque una maggioranza, e rimette pesantemente in gioco i socialisti che, per tornare a governare, dovranno far propria vasta parte della piattaforma di Podemos per averne i voti.

Come detto, è un laboratorio politico che si apre, in attesa del test elettorale risolutivo di novembre; di certo c’è che il bipartitismo che ha retto la Spagna dalla fine della dittatura è finito, frantumato da politiche sbagliate quanto suicide, sudditanza agli interessi altrui, scandali e inadeguatezza. Bruxelles e Berlino sono avvisate, e anche al di là dell’Atlantico il segnale è inviato.

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