Libano, futuro della Resistenza dopo elezione Aoun
Tra innegabili timori sul futuro del Libano, il voto di Hezbollah per Aoun come presidente ha stabilito nuovi equilibri politici e di sicurezza, data la fragilità politica del Libano devastato dalla guerra e vittima della crescente ingerenza dei Paesi occidentali guidati dagli Stati Uniti e delle monarchie del Golfo Persico.
L’elezione del generale Aoun a presidente è stata imposta, ma l’ultima parola è spettata all’astuzia del duo sciita (Hezbollah-Amal) che ha dato priorità alla ricostruzione di ciò che è stato distrutto dall’aggressione israeliana; al ritiro completo dal sud; e alla partecipazione attiva al nuovo governo. Il duo sciita ha approvato Aoun per preservare la coesione interna e le affinità nazionali, ostacolando i persistenti tentativi stranieri di approfondire le divisioni settarie e politiche.
Nel suo discorso inaugurale, il generale Aoun ha affermato il suo impegno verso queste priorità fondamentali, in particolare la necessità di concordare una strategia di difesa, poiché non è più accettabile ignorare le ambizioni coloniali israeliane. L’impegno di Aoun nei confronti di queste garanzie determinerà di conseguenza il futuro del Libano, poiché queste questioni cruciali non sono solo di natura locale, ma hanno anche dimensioni regionali e globali.
In effetti, richiedono la ripresa del dialogo nazionale avviato 15 anni fa dal presidente del Parlamento Nabih Berri, quando chiese un consenso su una strategia di difesa globale che preservasse le capacità militari della Resistenza e impedisse qualsiasi scontro con l’esercito nazionale libanese.
I deboli possono prevalere sulle grandi potenze
Negli ultimi decenni, il movimento di Resistenza ha adottato la teoria del conflitto asimmetrico di Ivan Arreguín-Toft, secondo la quale, attraverso strategie non convenzionali, i deboli possono prevalere sulle grandi potenze.
Nel mezzo della recente guerra israeliana contro il Libano guidata dagli Stati Uniti, i rappresentanti di Washington non hanno risparmiato sforzi per imporre l’elezione di un presidente, secondo i termini imperialisti degli Stati Uniti, in un modo che avrebbe indebolito Hezbollah nell’arena politica libanese.
Nonostante tutti i duri colpi inferti da settembre a novembre 2024, il movimento di Resistenza è uscito vittorioso e non ha perso la voglia di combattere, nonostante la superiorità geopolitica e tecnologica del nemico.
Paul Salem, vicepresidente per l’impegno internazionale presso il Middle East Institute di Washington, ha dichiarato al New York Times che Hezbollah “rimane un gruppo pesantemente armato”.
Scrivendo sul sito web del Washington Institute for Near East Policy, un giorno prima della sessione elettorale, David Schenker, ex assistente del Segretario di Stato americano per gli Affari dell’Asia occidentale, ha affermato che scegliere un presidente “riformista” è un buon primo passo, ma non sostituisce gli sforzi concertati per consolidare le battute d’arresto di Hezbollah, altrimenti non farà altro che riaffermare la sua morsa mortale.
Schenker ha osservato che lo spiegamento dell’esercito libanese nel sud non significa necessariamente che il governo smantellerà l’infrastruttura militare di Hezbollah. Ha sottolineato che per incoraggiare le fazioni libanesi filo-Usa a cogliere l’opportunità contro Hezbollah, “Washington potrebbe dover subordinare l’assistenza economica e militare alle prestazioni delle Forze armate libanesi, per quanto riguarda l’applicazione delle risoluzioni Onu e l’imposizione di sanzioni ai politici libanesi ribelli”.
Libano e ingerenza americana
Sempre in un’intervista con Haaretz, Dror Doron, un ex analista del Libano dell’ufficio di Netanyahu, ha osservato che “è probabile che l’esercito israeliano stabilisca una zona cuscinetto di sicurezza nel Libano meridionale. Mentre Hezbollah resisterà a un tale piano, il governo libanese non oserà opporsi per paura di essere visto come complice di Israele“.
Doron ha aggiunto: “L’unico modo per cambiare la situazione è eleggere un coraggioso candidato anti-Hezbollah come il generale Aoun, che con il forte sostegno degli Stati Uniti, costringerà Hezbollah a ritirarsi a nord del Litani”, ammettendo che un tale scenario potrebbe portare a “un’esplosione interna in Libano”.
Se il presidente Aoun si discostasse dall’agenda razionale e nazionale del suo discorso inaugurale, la stabilità del Libano verrebbe scossa. Quindi, deve avere una flessibilità eccezionale, agire con prudenza e non sottomettersi ai dettami occidentali che tengono conto solo degli interessi egemonici di Israele e della sua superiorità sull’intera Asia occidentale. Questa pericolosa contraddizione occidentale, in ogni caso, può essere controllata se il presidente Aoun ha intenzioni sincere e decisi piani sovrani.
Ogni fase ha le sue necessità, soprattutto dopo la caduta del governo del presidente siriano Bashar al-Assad. Il Libano deve investire nei suoi legami costruttivi con gli Stati arabi e islamici amici, perché ha un disperato bisogno di stabilire una serie di istituzioni che affrontino le preoccupazioni di tutte le componenti settarie.
di Redazione