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Eurasia è solo una chimera?

L’Eurasia è la somma di due continenti, Europa e Asia, oppure costituisce una realtà diversa? Quella del concetto della Greater Eurasia alimentato dagli intellettuali e dai politici russi presentato a Mosca al consiglio dei ministri e destinato forse ad essere sancito, senza fanfare, come la principale linea guida della politica estera russa per il prossimo futuro, in un abbraccio simbolico con le nuove Vie della seta in Cina. 

Cosa è l’Eurasia?

Per sapere che cosa è l’Eurasia, occorre cominciare col chiarire che cosa sono l’Europa e l’Asia e dove si pone il limite geografico fra i due continenti. La risposta è presto detta: forse agli Urali, ma più probabilmente in nessuna parte, proprio perché questa pretesa frontiera naturale effettivamente non esiste, non esiste una divisione netta fra Europa e Asia, perlomeno non paragonabile a quella che l’Atlantico traccia fra l’Europa e l’America. In questo senso, quindi, l’Eurasia esiste.

Se l’Europa in crisi non vuole sentire parlare di una “Greater Europa” che inglobi anche la Russia, il nodo fondamentale è dovuto all’atteggiamento della Casa Bianca, che continua a percepire la Russia come un avversario. Una gran parte dei Paesi europei si allineano con gli Stati Uniti per “solidarietà atlantica”, soprattutto il Regno Unito. Dal punto di vista americano tutto questo significa ristabilire un “cordone sanitario” che chiuda la Russia all’interno delle sue terre. La politica di Washington presenta, d’altronde, una significativa continuità a partire dal 1991: staccare dalla Russia tutti i Paesi che in passato condividevano il proprio destino nell’ambito dell’Urss e farli entrare, se possibile, nella Nato, sviluppando legami con essi. La Russia rimane un nemico potenziale come l’Urss a suo tempo, e occorre indebolirla con tutti i mezzi e in tutti i modi possibili.

Ma perché tutto ciò? Perché la Russia propugna l’Eurasia e l’unità dell’Eurasia risulta, secondo le leggi della geopolitica, inaccettabile per una potenza talassocratica, ma forse accettabile e conveniente per i Paesi della vecchia Europa, se non fossero “costretti” nell’alleanza atlantica.

L’Eurasia di Vladimir Putin

Esiste, pertanto, una visione russa dell’Eurasia condivisa dagli intellettuali e dai politici. Essa alimenta l’idea di “eccezione russa” – così come la “frontiera” costituisce la base dell’“eccezione americana” – con la fede ortodossa che fa da contraltare al puritanesimo dei primi coloni di oltre Atlantico. Questa visione delle cose domina oggi gli ambienti politici di Mosca. Il  nuovo concetto della Greater Eurasia è destinato forse ad essere sancito, senza fanfare, come la principale linea guida della politica estera russa per il prossimo futuro. Il presidente Putin è impegnato incondizionatamente a renderlo un successo. Già al Forum economico internazionale di San Pietroburgo nel 2016, Putin ha fatto riferimento a una “partnership eurasiatica” emergente.

Il quadro per la Grande Eurasia è stato sezionato dettagliatamente dall’indispensabile Club di discussione Valdai, in particolare sul tema “Riscoprire l’Identità”.  Il cuore concettuale della Grande Eurasia è la svolta ad est della Russia, o perno in Asia, sede dei mercati economici e tecnologici del futuro. Ciò implica una maggiore Eurasia procedendo in simbiosi con le nuove Vie della seta della Cina, o Belt and Road Initiative (Bri). Eppure questa fase avanzata del partenariato strategico Russia-Cina non significa che Mosca trascurerà la sua miriade di stretti legami con l’Europa.

Russia ponte di civiltà?

Gli esperti dell’Estremo Oriente russo sono molto consapevoli dell’eurocentrismo di una parte considerevole delle élite russe. Sanno che quasi l’intero ambiente economico, demografico e ideologico in Russia è stato strettamente intrecciato con l’Europa per tre secoli. Riconoscono che la Russia ha preso in prestito l’alta cultura europea e il suo sistema di organizzazione militare. Ma ora, sostengono, è il momento, come un grande potere eurasiatico, di trarre profitto da “una fusione originale e autosufficiente di molte civiltà”; la Russia non solo come un punto di scambio o di connettività, ma come un “ponte di civiltà”.

Lo spirito della comunità

La teoria dell’Eurasia, inizialmente concepita all’inizio del XX secolo dal geografo Savitsky, il geopolitico Vernadsky e lo storico culturale Ilyn, tra gli altri, considerava la cultura russa come una combinazione unica e complessa di Oriente e Occidente, e il popolo russo come appartenente a “una comunità eurasiatica completamente originale”. Questo certamente vale ancora. Ma come sostengono gli analisti del Valdai Club, il concetto aggiornato di Greater Eurasia “non è rivolto contro l’Europa o l’Occidente”; si propone di includere almeno una parte significativa dell’Ue. La leadership cinese descrive Bri, la nuova Via della Seta, non solo come corridoi di connettività, ma anche come “comunità”. I russi usano un termine simile applicato alla Grande Eurasia: sobornost, “spirito di comunità”.

Le Nuove Vie della Seta si stanno fondendo in simbiosi con la Grande Eurasia, il cui progetto è certo un work in progress, ma è irreversibile. I cani di demonizzazione, contenimento, sanzioni e persino la guerra possono abbaiare quanto vogliono, ma la carovana di integrazione dell’Eurasia continua a muoversi.

di Cristina Amoroso

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