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La Tunisia non è l’Iran, silenzio!

Gennaio di disordini contro il carovita in Tunisia, per la quarta notte violenze e saccheggi con centinaia di arresti. Schierato l’esercito, sono state arrestate 328 persone, decine di agenti sono rimasti feriti e 10 veicoli delle forze dell’ordine danneggiati. 

Da domenica dilagano le proteste in Tunisia, il Paese che dal 2011 è stato eretto a modello della transizione dopo la “primavera araba”, pochi giorni prima del settimo anniversario del movimento  che ha sconvolto il Nord Africa e il Medio Oriente nel 2011. La polizia ha sparato gas lacrimogeni per disperdere la folla a Tunisi e a Tebourba, una piccola città vicina dove un manifestante è stato ucciso lunedì.

I disordini si sono diffusi a spirale dopo che il governo ha aumentato i prezzi dei beni di prima necessità e introdotto nuove tasse con la nuova manovra all’inizio dell’anno, per cercare di affrontare un deficit crescente e placare i creditori stranieri.

Martedì scorso, gli scontri sono scoppiati in più di 20 città, mentre i manifestanti hanno attaccato stazioni di polizia e edifici governativi, scagliando anche una bomba incendiaria in una scuola ebraica nell’isola turistica meridionale di Djerba. La città ospita la più antica sinagoga dell’Africa, che nel 2002 è stata colpita da terroristi legati ad al-Qaeda. “Quello che sta accadendo è una violenza che non possiamo accettare. Lo Stato rimarrà saldo”, ha riferito il primo ministro tunisino, Youssef Chahed in un video trasmesso dalla radio locale dopo aver visitato le città colpite da scontri.

La Tunisia, il Paese di successo democratico tra le nazioni della Primavera araba, dal 2011 ha avuto nove governi, nessuno dei quali è stato in grado di affrontare i problemi economici. E’ cresciuta la rabbia pubblica dal primo gennaio, quando il governo ha alzato il prezzo della benzina e di altri articoli e aumentato i contributi di sicurezza sociale e le tasse sulle automobili, sulle telefonate, sull’utilizzo di Internet e sulla sistemazione in albergo. Il partito islamista di Ennahda, che governa in una coalizione con laici, ha chiesto che il salario mensile minimo sia aumentato a 357 dinari ($ 143) e maggiori aiuti alle famiglie povere, facendo eco alle chiamate dei sindacati, senza una risposta immediata da parte del governo.

Come per le recenti manifestazioni in Iran, la ragione dietro i disordini è solo economica. Ma perché l’Occidente non ha prestato molta attenzione ai disordini tunisini come ha fatto a simili rimostranze in Iran, prevedendo addirittura un cambio di regime?

di Cristina Amoroso

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