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Le armi chimiche siriane transitano in un porto italiano. Allarme per Sicilia e Sardegna

di Cristina Amoroso

Faremo la nostra parte” erano state le parole del ministro degli Esteri Emma Bonino, dichiarando la disponibilità del nostro Paese a sostenere il piano messo a punto da russi e americani e accettato da Damasco per lo smaltimento delle armi chimiche, una volontà di protagonismo in una fase delicata, anche in vista di possibili negoziati di pace a Ginevra.

Forse la Farnesina faceva una mossa più intelligente se seguiva la politica estera voluta da Ferdinando II di Borbone – piuttosto che quella di Cavour – nella sua scelta di restare neutrale nella Guerra di Crimea, non concedendo l’uso dei suoi porti alle flotte inglesi e francesi, affermandosi come stato libero da qualsiasi forma di subalternità, emanando anche disposizioni sanitarie, giustificate dall’epidemia di colera sviluppatasi in Crimea, per salvaguardare i suoi sudditi. Ma quella è una storia d’altri tempi, di un Regno “arretrato”.

Il nostro ministro degli Esteri ha voluto invece emulare la portavoce del ministro degli Esteri cinese, Hua Chunying, che nella conferenza stampa di giovedì scorso ha annunciato l’invio di una o più navi da guerra per scortare il viaggio verso il Mediterraneo in quella che ha definito “un’altra importante azione della Cina”, scelta per questa operazione.

Sta di fatto che nel presentare il piano dell’Opac per la distruzione delle armi chimiche, il direttore generale Ahmet Üzümcü ha notato che: “Gli Stati  prendono parte nell’interesse del bene comune, assumendo responsabilità onerose”.  I suoi ringraziamenti vanno a tutti gli Stati partecipanti, Uzumcu riferisce che: “La Danimarca e la Norvegia forniranno navi e scorte militari per il trasporto marittimo delle sostanze chimiche siriane”. Non c’è alcuna menzione che questi paesi siano stati “scelti” per la prodezza navale o qualsiasi altro motivo, in contraddizione con le dichiarazioni cinesi. Forse per gli Stati interessati c’è sentore di affari o prestigio internazionale!

Nel frattempo, gli Stati Uniti stanno fornendo una nave da guerra per servire come sito di distruzione per le sostanze chimiche più tossiche, localizzatori GPS, e carichi, trasporti e relative apparecchiature di decontaminazione per aiutare il processo di spostamento delle sostanze chimiche all’interno dei confini della Siria. La Russia “fornisce grande capacità e camion blindati, serbatoi d’acqua, e altre forniture logistiche”, e la Finlandia invierà una squadra di pronto intervento in caso di incidente.

Il Regno Unito contribuirà a distruggere le scorte di armi chimiche della Siria per  incenerimento, oltre 150 tonnellate di prodotti chimici utilizzati nella produzione di agenti nervini mortali come il sarin e il gas VX nei prossimi tre mesi. Il Foreign Office ha sottolineato che le sostanze chimiche, che verranno scaricati in un porto britannico in grado di gestire tale materiale, sono stati ridotti a “livello industriale”. Saranno composti del tipo usato nell’industria farmaceutica e saranno “trattati in modo simile a molte altre sostanze chimiche che vengono regolarmente prodotte, trasportate e distrutte nel Regno Unito”. Ha affermato che i composti, noti come precursori B, diventano letali solo se mescolati con altri agenti, precursori A, che devono essere spediti fuori della Siria separatamente e saranno neutralizzati su una nave statunitense appositamente attrezzata.

Camion blindati russi sono arrivati in Siria negli ultimi giorni per trasportare 500 tonnellate di sostanze chimiche ad alta priorità da 12 sedi in tutto il Paese a Latakia. Il trasferimento è comunque delicato in quanto la zona non è immune da combattimenti ed è data per imminente una nuova offensiva. Due navi da trasporto prenderanno il carico nel porto siriano di Latakia ai primi di gennaio per essere scortate fino ad un “porto nel Mediterraneo”, dove avverrà il trasbordo sulla “Cape Ray”, una nave americana attrezzata che, nel giro di 80 giorni provvederà a disattivare le armi con un sistema di idrolisi.

“Il materiale non toccherà il suolo italiano” sono le parole della Bonino la quale  ha anche aggiunto che la scelta finale spetterà all’Opac (l’Organizzazione per la distruzione delle armi chimiche) che dovrà scegliere in base “al pescaggio, alla capienza del porto e alla lontananza o vicinanza dal centro abitato”. Al di là delle assicurazioni sulla sicurezza dell’operazione, il porto del Mediterraneo ancora non è stato confermato dall’ Opac che, secondo The Guardian,  potrebbe abbandonare il piano del porto italiano per fare arrivare la nave danese, la Ark Futura, direttamente ad un porto del Regno Unito, per guadagnare tempo.

Intanto la Sicilia e la Sardegna, le due isole indicate dalla Bonino, si sono piuttosto risentite per essere considerate prioritarie  solo per la soluzione di problemi gravosi.

Il segretario dell’Idv, Ignazio Messina lancia l’allarme “Il governo, invece di fare il pesce in barile, dovrebbe correre immediatamente in Parlamento e dare spiegazioni al Paese. Perché solo l’Italia, dopo il netto rifiuto di Croazia, Norvegia ed Albania, si è detta disponibile ad ospitare questo pericolosissimo materiale? Non comprendiamo, infatti, il motivo per il quale ci comportiamo come il commensale stupido quando altri Paesi hanno già rispedito al mittente questa richiesta”.

“La Sicilia ancora una volta viene sacrificata alle logiche di guerra e militarizzazione nel Mediterraneo – dichiara Antonio Mazzeo, giornalista e autore del libro, Il MuoStro di Niscemi – senza considerare poi che l’operazione di trasbordo è di per sé molto rischiosa. Si tratta di scaricare e ricaricare su un’altra nave migliaia di tonnellate di sostanze tossiche. Un piccolo sversamento in mare sarebbe fatale per le nostre acque”.

Dal canto suo, il presidente della Regione Sardegna, Ugo Cappellacci, ha inviato una lettera al premier Enrico Letta dichiarando tra l’altro: “E’ un’ipotesi che respingiamo con sdegno e con sgomento e che, ove necessario, contrasteremo in ogni sede possibile. Nessuna esclusa. Respingiamo altresì con la massima indignazione possibile un modo di pensare subdolo e strisciante che sembra ormai una sorta di automatismo, un riflesso, della politica romana: quello secondo il quale la nostra terra viene sempre indicata per prima quando si tratta di trovare una destinazione per un carico scomodo.

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