L’assurda guerra economica sferrata da Washington contro Mosca
La Russia è sotto attacco: l’effetto combinato delle sanzioni imposte dagli Usa anche ai riluttanti sudditi europei, guerra del petrolio dichiarata dall’Arabia Saudita e offensiva finanziaria senza quartiere mossa da Washington, sta mettendo Mosca in grave difficoltà.
Il rublo crolla: è inutile citare la sua quotazione; martedì aveva toccato il rapporto stupefacente di 80 con il dollaro per poi risalire oltre i 60, ma pur sempre in un’incredibile altalena e praticamente dimezzato da inizio anno. L’economia va a picco: quest’anno sarà tanto se limiterà i danni, ma per il prossimo, a dispetto delle datate stime ufficiali, tutti gli analisti, anche russi, prevedono una contrazione della ricchezza fra il 4,5 e il 5%, un disastro. Intimoriti da questo quadro, i capitali fuggono: almeno 140 Mld di $ da inizio anno; sono soprattutto quelli stranieri a scappare, ma anche gli oligarchi, che all’ombra di Putin hanno continuato a fare affari alla grande, sono sempre più nervosi.
Un’economia normale, che produce beni e servizi, troverebbe in questa svalutazione colossale un aiuto per collocare i propri beni e servizi all’estero, ma quella russa non lo è, si basa essenzialmente sulla vendita di petrolio e gas, importando quasi tutto il resto e, se si considerano le sanzioni, il crollo del prezzo del petrolio (arrivato all’incredibile livello di 60 $ al barile dai circa 100/110 d’inizio anno) e gli acquisti dei beni necessari che devono essere fatti in dollari o euro, la tempesta perfetta è servita.
In più, il sistema russo è esposto per 207 Mld di $ nei confronti delle banche estere, di cui 134 dovranno essere rimborsati entro il 2015, e le grosse aziende, Gazprom e Rosneft in testa, vedono distrutti i propri bilanci dall’impennata verticale del valore dei debiti da restituire in dollari.
Il fatto è che tutti i piani economici preparati da Mosca nell’inverno scorso, sulla sostenibilità di una guerra economica con Washington, si basavano su un prezzo del greggio non inferiore ai 90 $ al barile; ora, con le attuali quotazioni in caduta libera, sono divenuti carta straccia.
Per contenere la speculazione e sostenere il rublo, la Bank of Russia ha bruciato, solo nel primo scorcio di dicembre, 10 Mld di dollari senza ottenere risultati e, secondo un’indagine dell’agenzia Bloomberg, sono destinati a divenire a breve almeno 70, un sesto delle sue riserve complessive. Nel frattempo, nel tentativo di sostenere il rublo, ha innalzato il tasso di sconto dal già altissimo 10,5 allo stratosferico 17%, che indurrà enormi difficoltà alle aziende già in affanno.
Putin si è mosso freneticamente per riorientare a Est l’economia russa attraverso un’infinità di accordi, soprattutto energetici, con Cina, India, Turchia, Iran, Giappone, Sud Corea e i Paesi dell’Asia Centrale, ma gli occorre tempo perché producano frutti; almeno due, meglio, tre anni, con lo spettro del default a incombere come nel ’98, e nel frattempo i capitali necessari a condurli in porto gli si stanno sbriciolando fra le mani.
Anche il potenziamento dello strumento militare, che sta risorgendo dall’abbandono del passato, è legato a questo, e i tanti contratti sottoscritti per la vendita di armamenti sono finalizzati a finanziare quello strumento da far valere, in ultima istanza, sul piano politico. Ma anche per questo occorre tempo. Anni, che i suoi avversari non intendono concedergli.
Nel cinico gioco impostato dagli Usa nell’unico scacchiere mondiale in cui riescono ancora a imporre senza effettive resistenze le proprie logiche imperialistiche, l’Europa, l’eliminazione della potenza russa e, attraverso il loro indebolimento, il permanere dell’assoggettamento dei Paesi europei, rimangono gli obiettivi primari per mantenere un’egemonia messa sempre più in discussione negli altri quadranti del globo.
La guerra economica e finanziaria dichiarata da Washington si combatte nel suo terreno più congeniale e, come di consueto, addossa perdite e sacrifici agli alleati/sudditi, in questo caso gli europei. Solo per citare qualche dato, le sanzioni imposte a Mosca produrranno per la Ue danni economici per circa 40 Mld nel 2014, reiterati e aumentati per il 2015, oltre a tutte le opportunità di collaborazione bruciate sull’altare della servitù da economie in netta recessione. Inoltre, dei 207 Mld di esposizione del sistema bancario mondiale nei confronti della Russia, 155 si riferiscono a Istituti di Credito europei, di cui 27,6 addossati a quelli italiani, con i 14 Mld di Unicredit in bella evidenza.
È l’ennesima sconsiderata conseguenza d’un servaggio che si continua a mantenere, al di là d’ogni logica e d’ogni convenienza per le Nazioni e i Popoli europei.