Laos. Il business del gioco d’azzardo made in Cina
Il Laos, facendo una scommessa milionaria con gli uomini d’affari cinesi, ha spalancato, da qualche anno, le porte al gioco d’azzardo.
Il casinò di Kapok City è nell’isola di Donesao – territorio di proprietà laotiana – è gestito integralmente dalla società cinese Kins Romans. Cinque anni fa, l’imprenditore Zhao Whei, proprietario della società, aveva ricevuto la concessione del terreno per la nascita del casinò e, da allora, questa zona è stata ribattezzata «Zona economica speciale del triangolo d’oro». Tutto è cinese: le sigarette, gli alcolici e perfino per l’orario, viene eseguito il fuso di Pechino.
Così succede anche nella grande maggioranza dei casinò del Paese che sono in mano a compagnie cinesi e che operano con il governo laotiano.
La paura delle infiltrazioni criminali per il riciclaggio di denaro sporco, la prostituzione e il narcotraffico, non ha impedito la costruzione e sembrerebbe che molti investitori avrebbero fatto pressioni di natura economica per avere le autorizzazioni necessarie.
Questi centri di scommesse, che si intrecciano tra il legale e l’illegale, si trovano prevalentemente nelle zone di confine con la Thailandia e la Cina e, in alcuni casi, in zone speciali esentasse dove tutti sono pronti a giocare e, soprattutto, a far girare il denaro proveniente dalle casse degli affaristi del crimine.
Sempre più signori del business made in Cina sono interessati ad investire in questo settore e il giro d’affari che ne deriva, offre sicuramente una fonte di reddito ad un Paese, come il Laos, tra i più poveri del sud-est asiatico.
Anche se ufficialmente il governo di Vientiane promuove campagne contro il gioco d’azzardo, cerca di sfruttare al massimo l’indotto che ne deriva, legale o illegale che sia.