Attualità

Aipac governa la politica estera statunitense

“Una nazione di 300 milioni di persone è letteralmente governata e la sua politica estera decisa e diretta da un creatura chiamata “Aipac“, la quale scrive e regola la nostra politica estera a suo esclusivo vantaggio e interesse”.

Aipac regola la nostra politica estera

Con queste parole David Christie, giornalista americano, commentava durante un’intervista a Press Tv la risposta dell’Aipac (American Israel Public Affairs Committee) alla raggiunta intesa sul nucleare iraniano. Risposta ricca di osservazioni su presunti “significativi difetti” intrinseci all’accordo. Christie ha voluto mettere in evidenza la pressione che l’Aipac, potente lobby pro-Israele, esercita e ha esercitato sul Congresso degli Stati Uniti al fine di vanificare ogni tentativo di raggiungere questa determinante intesa.

Christie ha ironizzato sul fatto che Paesi come Usa e Israele, con un arsenale nucleare ben fornito e la possibilità praticamente illimitata di produrre ordigni possano sentirsi minacciati da un Paese come l’Iran che al momento non possiede alcuna arma nucleare. “Gli Usa hanno utilizzato armi nucleari contro civili inermi 70 anni fa e Israele, loro stretto alleato, è armato fino ai denti. Eppure né l’uno né l’altro, benché siano in possesso di armi nucleari e minaccino costantemente di usarle, hanno mai aderito a programmi per regolamentare la loro produzione o sottoscritto trattati di sorta per mettere sotto controllo i loro arsenali”.

Christie ha anche ritenuto doveroso sottolineare che l’Iran è “un Paese che non possiede armi nucleari, che non ha lanciato offensive militari contro nessuno né avviato eventuali guerre a memoria d’uomo, che si è sempre dichiarato estraneo ad ambizioni nucleari (il nucleare iraniano è volto all’esclusivo utilizzo per scopi civili) e che ha puntualmente rispettato qualsiasi trattato sottoscritto”. Si può dire lo stesso riguardo agli Usa e a Israele? Mettiamo da parte per un momento la storia della scellerata politica estera americana, talmente sfacciata e sbandierata al punto da esserne tutti abbondantemente edotti, citando un solo dato pubblicato dall’American Journal of Public Health nel giugno 2014 che indica come “dalla fine della seconda guerra mondiale, ci sono stati 248 conflitti armati in 153 sedi in tutto il mondo.

Imperialismo a stelle e strisce

Gli Stati Uniti hanno lanciato 201 operazioni militari all’estero tra la fine della seconda guerra mondiale e il 2001, e da allora, altre, tra cui l’Afghanistan e l’Iraq. Nel corso del 20° secolo, 190 milioni di decessi potrebbero essere direttamente e indirettamente collegati alla guerra – più che nei precedenti quattro secoli” (riportato dal nostro giornale nell’articolo “Delle 248 guerre scoppiate nel mondo gli Stati Uniti ne hanno avviate 201”). Quanto a Israele, vale più che mai l’antico adagio “da che pulpito…”.

Manlio Dinucci su ‘Il Manifesto’ il 5 aprile 2015 scriveva a proposito dell’arsenale israeliano: “Particolarmente alto il rischio che un giorno possano essere usate armi nucleari in Medio Oriente, dove l’unico Paese a possederle è Israele, che a differenza dell’Iran non aderisce al Trattato di non-proliferazione. Secondo le stime, le forze armate israeliane possiedono da 100 a 400 testate nucleari, comprese bombe H, con una potenza equivalente a quasi 4mila bombe di Hiroshima. I vettori comprendono oltre 300 caccia statunitensi F-16 e F-15, armati anche di missili israelo-statunitensi Popeye a testata nucleare, e circa 50 missili balistici Jericho II su rampe di lancio mobili. Israele possiede inoltre 6 sottomarini Dolphin, modificati per l’attacco nucleare, forniti dalla Germania.

Mentre punta i riflettori sull’Iran, che non possiede armi nucleari e il cui programma nucleare civile è verificabile, l’apparato politico-mediatico lascia in ombra il fatto che Israele possiede un potente arsenale nucleare, fuori da ogni controllo, e che gli Stati uniti hanno firmato accordi per la fornitura ad Arabia Saudita, Bahrain ed Emirati arabi di tecnologie nucleari e materiale fissile con cui possono dotarsi in futuro di armi nucleari”.

di Manuela Comito

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