Palmyra ritorna alla vita
I civili siriani cominciano a tornare nella città di Palmyra. Sono centinaia i cittadini a rientrare nelle loro case: decine di autobus – secondo le informazioni del Ministero siriano – tra giovedì e sabato scorso, hanno trasportato numerose famiglie, circa 2000 civili, tra cui donne e bambini.
Erano fuggiti quando i Daesh, il sedicente Stato Islamico, aveva occupato Palmyra (Tadmur), famosa per le sue rovine greco-romane antiche di duemila anni, costringendo i locali ad aderire alle loro dottrine estreme o affrontare l’esecuzione pubblica. La maggior parte dei 50mila abitanti della città si sono trovati in mezzo a circa 6,6 milioni di sfollati interni della Siria, spesso dimenticati nel corso del conflitto civile del Paese. Ora ritornano a casa. Ritorno a che cosa?
Palmyra è stata devastata da violenti scontri – prima quando i terroristi hanno cacciato le forze governative lo scorso anno, e di nuovo a fine marzo, durante l’offensiva dell’esercito siriano per riprendere la città, sostenuto dagli attacchi dell’aviazione russa. Inoltre, con la liberazione della città non è finita la distruzione, per le migliaia di trappole esplosive lasciate dai Daesh in luoghi insoliti da non potere essere disattivate e quindi si è dovuto procedere dagli esperti a farle esplodere sul posto.
Non ci sono solo le rovine antiche a Palmyra, c’è il quartiere residenziale, abitato da gente perlopiù povera, che è fuggita con solo i vestiti che indossavano. La maggior parte è completamente dipendente dagli aiuti. Traumatizzati quanti hanno vissuto sotto i Daesh, la maggior parte delle famiglie hanno avuto parenti uccisi, hanno condiviso storie terribili di perdite e di barbarie.
Le distruzioni operate dai mercenari del sedicente Stato islamico sono state notevoli e non ci vorranno meno di cinque anni perché Palmyra possa tornare ai suoi fasti. Lo ha spiegato alla stampa Maamoun Abdelkarim, direttore delle Antichità per il governo siriano, secondo cui “con l’approvazione dell’Unesco”, questo sarà comunque il tempo necessario perché il sito archeologico possa tornare a splendere.
Prima che gli archeologi possano iniziare davvero a lavorare nel deserto siriano, sarà necessaria una lunga operazione di bonifica. Come a Kobane, come in altre città abbandonate dai terroristi, il rischio che il terreno sia minato e disseminato di trappole esplosive è praticamente una certezza.
Ma alla fine l’antica Palmyra tornerà a risplendere. “I barbari hanno fatto danni, ma l’esercito siriano con i suoi alleati è riuscito a liberare la città col minimo dei danni. Aspettiamo tutti gli esperti del mondo per partecipare al restauro della città. Hermitage è pronto a partecipare al restauro di Palmira. E’ un gran lavoro restaurare siti archeologici e combattere il terrorismo. Non è facile, ma non impossibile. Noi vogliamo portare la gente del mondo a vedere i danni di questi terroristi. Questo punto rappresenta il punto di declino dei terroristi in questo momento”. Così il Ministro del turismo siriano, Besher Jazgi, parla di Palmira, la città distrutta dai terroristi.
Ma oltre le rovine ci sono i siriani; che possano trovare l’aiuto e la serenità per essere finalmente ottimisti verso il futuro, dopo le atrocità che hanno vissuto.
di Cristina Amoroso