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La storia di Wafa’ racconta delle paure condivise a Gaza

di Redazione

Il primo sportello per servire gli indigenti è stato inaugurato nella Striscia di Gaza appena un mese fa. La povertà a Gaza ha raggiunto il 40% della popolazione. Qui tutti lavorano su base volontaria. Dal primo giorno circa 500 famiglie hanno preso in consegna i pasti. La gente che fa la fila dice di essere sollevata dall’esistenza di questa nuova realtà eppure tra di essi prevale sempre l’opinione di quanti rivendicano il diritto a lavorare per poter sostenere la propria famiglia.

Tra questi palestinesi potrebbe esserci anche lei, una ragazza di 24 anni che d’improvviso si è ritrovata con la sua famiglia a necessitare di tutto. Lei, la chiameremo Wafa’, guarda avanti e punta tutto a creare le condizioni per un futuro attraverso lo studio.

H1Sono una ragazza palestinese che vive nella Striscia di Gaza. Sono rifugiata e ho lasciato le mie radici a Beersheva, terra dei miei avi costretti dall’occupazione israeliana a fuggire con la forza e la violenza.

Pur avendo proprietà e sicurezza a Beersheva la mia famiglia allora non ebbe altra scelta che ripiegare altrove, a Gaza. Casa, terreni e ricordi, tutto è rimasto lì, anche la sicurezza e protezione. Al momento si era certi di fare ritorno a casa. Ma non sapevano che la Nakba, la catastrofe del popolo palestinese, era solo all’inizio.

La speranza nel ritorno, diritto inalienabile è viva. Il diritto al ritorno per me è come il sole , sono sicura che sorgerà ogni giorno.

Da proprietari terrieri sicuri di poter mangiare i prodotti della nostra terra siamo diventati presto poveri, indigenti e in cerca di aiuto. La necessità di cercare una casa in affitto e vivere in preda alla povertà diffusa ovunque a Gaza è diventata presto anche la nostra realtà. 

La mia famiglia è una delle numerose famiglie di Gaza in questa condizione; siamo 10 membri.

I miei sette fratelli sono tutti molto più giovani di me e frequentano vari livelli d’istruzione dalle elementari alla scuola superiore. Ciò comporta un carico di spese ogni giorno.

Io studio all’Università e nonostante il mio status e la nostra difficile condizione, fino a poco tempo fa eroH2 convinta di potercela fare. Se non fosse che un episodio ha scosso la mia serenità, riportandomi nel pieno dell’incertezza, proprio come accadde ai miei nonni nei giorni della Nakba.

Mentre pulivo in casa, due settimane fa, sono una caduta in casa scivolando sul bagnato incrinandomi due vertebre. Da quel giorno sono immobilizzata con un busto e lo sarò per i prossimi tre mesi. Sono mortificata e anche un po’ terrorizzata. Il dottore mi ha ammonito di stare ferma sia per la mia condizione, sia perché è un busto molto costoso che dovrò restituire all’ospedale.

Ho 24 anni e, a causa delle spese sempre più pressanti sui miei genitori, resto indietro con gli studi, sono costretta a chiedere continuamente rinvii all’Università per non pagare le tasse.

Mio padre è sofferente e non lavora, e anche mia madre è affaticata. Come capita a molti di Gaza, la gente ha preso a chiederci i debiti chiesti ovunque; dalla farmacia al fruttivendolo.

Anch’io ho un problema di salute alla vista, e posso risolverlo solo con un intervento chirurgico ad entrambi gli occhi con una spesa di 1500 dollari a occhio. Mio padre non ha un dollaro in tasca e il medico ha parlato di urgenza.

Vedendo la mia famiglia bisognosa di tutto sono ripiombata in un incubo; cibo e articoli per la scuola dei miei fratelli, le cure per i miei genitori, la mia operazione agli occhi…

Volevo raccontarvi la mia storia, una delle tante che si ripetono a Gaza. Eppure non nascondo la speranza che leggendo la mia storia qualcuno in qualche parte di questo stesso mondo possa indignarsi e venirmi incontro aiutandomi ad uscire dalla paura in cui vivo.

Wafa’, una ragazza palestinese della Striscia di Gaza

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