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La scùre della comunità internazionale si abbatte su Yanucovich

di Mauro Indelicato

Piazze diverse, stessi attori, stessi proclami; ciò che sta avvenendo per adesso a Kiev, non ha nulla di diverso rispetto a quanto accaduto in Georgia nel 2003, nella stessa Ucraina nel 2004, ma anche nelle rivolte arabe, in Brasile ed in tante altre parti del mondo. Quei governi non molto affini alle logiche mondialiste e del progetto del nuovo ordine mondiale, vengono messi alla gogna mediatica prima, poi viene contro di loro aizzata una qualche forma di rivoluzione, infine la comunità internazionale pressa affinché si intervenga con le dimissioni del governo o, come nei tanti casi mediorientali, con l’intervento armato.

“Siamo sconvolti, l’uso della violenza non va mai tollerato”; “Ci sono palesi violazioni dei diritti umani”; “Di fronte a questo, l’unica strada è la mobilitazione internazionale”, frasi del genere si sentono dire ogni volta che in qualche piazza di qualche capitale non gradita, la gente si fa sentire.

Sta toccando all’Ucraina, rea di aver stracciato un dialogo con l’Ue per l’ingresso nel club dei 29 (attuali, 30 con Kiev) ed aver preferito invece la via di Mosca, con l’ingresso nell’unione doganale delle ex repubbliche sovietiche.
Uno schiaffo a Bruxelles, che vuole anche significare uno schiaffo al mondo delle banche, all’ordine occidentale ed accettare viceversa il progetto della creazione di una nuova area di influenza europea, capitanata dalla Russia.

Non l’avesse mai fatto, adesso il presidente ucraino, Viktor Yanucovich, viene descritto come l’ennesimo mostro contrario al benessere del suo popolo da combattere con tutti i mezzi mediatici possibili. Non c’è persona al mondo, come Yanucovich, che non conosca questi meccanismi: nel 2004 una sua vittoria alle presidenziali, è stata annullata per via delle proteste di piazza e per favorire l’avanzata di Viktor Yushenko, apertamente contrario a qualsiasi rapporto con Mosca. Ma la cosiddetta “rivoluzione arancione”, si è sgonfiata nel giro di poco, grazie anche al cambiamento di casacca di quella che adesso è la martire di turno del tiranno di turno, Iulia Timoshenko, che da leader della rivolta, è passata poi con posizioni filo russe ed adesso invece si ritrova ad essere nuovamente con le posizioni del 2004.

Fallito il progetto di Yushenko, Yanucovich ha vinto le elezioni del 2010, ma da quel momento in poi l’Ucraina, da esempio di paese in fase di democratizzazione, si è trasformato in uno stato non affidabile per il rispetto dei diritti umani. Nel 2012, in occasione degli europei ospitati proprio in Ucraina, alcuni leader europei avevano addirittura invitato al boicottaggio delle proprie nazionali contro quello che veniva definito un “brutale regime oppressore”; ma questo stesso governo, improvvisamente, si è trasformato in un affidabile interlocutore appena pochi mesi dopo, quando sono state avviate le consultazioni per l’ingresso del paese nell’Ue, consultazioni adesso bocciate dal parlamento.

E così, Yanucovich è di nuovo il nemico, la piazza di nuovo martire e le immagini della Polizia che carica i manifestanti, fatte espandere in lungo ed in largo dai media, per mostrare al mondo la “brutalità” del regime. Ieri si era anche diffusa una notizia, smentita dagli stessi diretti interessati, secondo cui la Polizia aveva fatto irruzione nella sede di un partito di opposizione, arrestando diversi esponenti e così subito dall’Europa e dagli Stati Uniti, si erano levati gli scudi contro l’oppressione, con le frasi prima esposte, correlate anche da fantomatici dati di fantomatiche (ed onnipresenti) associazioni umanitarie a difesa dei diritti dell’uomo.

In Ucraina, molto più semplicemente, per motivi etnici e storici, la gente non strizza l’occhio a Mosca, ma la maggioranza comunque non vuole l’Ue; diversamente, un governo che è prossimo al giudizio elettorale, non avrebbe preso una decisione giudicata così impopolare dai media occidentali.

Il Paese è spaccato, ma la strada tracciata dal governo fa gli interessi dell’Ucraina, a discapito di quelli europei: per Kiev, aprire un corridoio preferenziale verso Mosca, è operazione essenziale per la propria economia e per il proprio futuro.

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