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La più grave epidemia di Ebola della storia atterra in Nigeria

di Cristina Amoroso

Almeno 1.200 persone sono state infettate in Liberia, Sierra Leone e Guinea da quando l’epidemia è scoppiata nella regione qualche mese fa, “tra le più difficili mai affrontate, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), e certamente “la più grave epidemia di Ebola mai verificatasi”.
Per il virus Ebola, identificato nel 1976 in Congo e Sud Sudan, non esiste attualmente alcun vaccino autorizzato: il tasso di mortalità è elevatissimo e può raggiungere il 90%, è molto infettivo e virulento, in grado di diffondersi a tutto un villaggio con estrema facilità. Pur essendo mortale, finora questo patogeno era limitato a pochi villaggi perduti nella foreste tropicali di Costa d’Avorio, Congo, Guinea e Sudan, in cui l’epidemia si spegneva in pochi giorni, per una naturale quarantena dovuta all’isolamento e alla manacanza di strade. L’arrivo in città popolose e con rapidi collegamenti con l’esterno crea molta preoccupazione perché le condizioni delle città sono ideali per la trasmissione di un virus così aggressivo.

Secondo l’ultimo bilancio diffuso ieri dall’Oms, sono 660 i decessi, 28 dei quali nel corso delle ultime 48 ore. La Guinea, focolaio dell’epidemia, non è più il Paese maggiormente colpito, sebbene sia quello che ha registrato più decessi (415 casi e 314 morti): il virus si è esteso soprattutto in Sierra Leone, con 454 casi accertati di cui 219 mortali, mentre in Liberia sono stati registrati 214 casi di cui 127 mortali.
Domenica scorsa un’organizzazione umanitaria, la Samaritan’ s Purse, ha riferito che anche due americani sono stati infettati dal virus Ebola in Liberia, il Dottor Kent Brantly di 33 anni e Nancy Writebol, operatrice umanitaria. “Stanno entrambi ricevendo un trattamento intensivo precoce, ma certamente si tratta di una situazione pericolosa e spaventosa”, ha detto Melissa Strickland, una portavoce dell’organizzazione.

Sempre in Liberia un noto medico liberiano, il dottor Samuel Brisbane, dopo tre settimane di lotta e di agonia è morto di Ebola sabato scorso, ha riferito Tolbert Nyenswah, un assistente del ministro della salute. Brisbane da tempo era impegnato nel trattamento dei pazienti colpiti da Ebola nella capitale del suo Paese, Monrovia.
Un altro medico di Sierra Leone, lo sceicco Omar Khan, è caduto vittima del virus la scorsa settimana, ed è attualmente sotto cura. Non esiste attualmente alcuna cura per Ebola, una forma di febbre emorragica i cui sintomi sono diarrea, vomito e sanguinamento. Il virus si diffonde attraverso il contatto diretto con sangue infetto, feci e sudore. Può anche essere diffuso attraverso il contatto sessuale o la manipolazione non protetta dei cadaveri contaminati.

Il fatto che anche il personale medico stia pagando con la vita i tentativi di circoscrivere l’epidemia è sicuramente un altro fattore preoccupante. A conoscere bene i rischi della loro opera sono le infermiere che in diversi casi hanno inscenato proteste chiedendo maggiore sicurezza e più attrezzature. In alcuni casi hanno esplicitamete chiesto che a occuparsi dei casi di Ebola siano i medici di alcune Ong internazionali attive sul territorio. A Kenema, uno dei focolai dell’epidemia in Sierra Leone, alcune migliaia di persone sono scese per strada a protestare contro il governo e la gestione dell’emergenza.

L’aumento dei casi può essere dovuto alla riluttanza dei pazienti nell’andare in ospedale. Un altro problema è rappresentato dal trasporto dei pazienti infetti e dei cadaveri. Le famiglie spesso trasportano personalmente i corpi per organizzare i funerali in altre città. L’aumento delle aree infette rende difficile trattare i pazienti e controllare l’epidemia. “Le principali sfide che dobbiamo affrontare sono la resistenza all’interno della comunità e la difficoltà a tracciare i movimenti delle persone che potrebbero essere infette”, afferma Medici Senza Frontiere (Msf).
Essendo una delle malattie più virulente del mondo, che uccide tra il 25 e il 90 per cento di coloro che si ammalano, si spiega perché la principale compagnia aerea nigeriana, Arik, ha sospeso i voli per Liberia e Sierra Leone in seguito a un primo decesso, a Lagos, di una persona colpita dal virus. La vittima è un liberiano, che ha collassato poco dopo essere arrivato all’aeroporto di Lagos, mostrando i segni della malattia. La compagnia ha detto di avere preso questa decisione come misura precauzionale “per preservare la vita dei nigeriani”. Interrotti dunque i collegamenti con le capitali Monrovia e Freetown.
Un’emergenza per la Nigeria che ha alzato il livello d’allarme su porti, aeroporti e tutti gli accessi via terra, emergenza che si aggiunge a quella sulla sicurezza già esistente e legata alla presenza dei gruppi armati di Bobo Haram.

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