La dirigenza italiana e l’imprinting gesuitico
Qualche giorno fa, l’inaspettata comparsa in televisione di padre Bartolomeo Sorge, il gesuita teologo e politologo che conoscevo dai tempi dell’università come direttore di Civiltà Cattolica, aveva attirato l’attenzione per il suo sobrio modo di elogiare il nuovo presidente della Repubblica italiana voluto da Renzi, Sergio Mattarella, riconoscendo in lui le stesse qualità riscontrate tanti anni prima, quando era in azione nella Palermo inquinata dai Ciancimino e dai Lima insieme ai giovani rampanti dello Scudocrociato cresciuti alla scuola del diritto che negli anni Settanta si incontravano in via Libertà, sognando di prendere le nuove leve del potere: da Orlando a D’Antoni, da Butera a Vito Riggio.
“Avere Sergio Mattarella presidente della Repubblica è un grande dono che viene fatto all’Italia”. Parola di padre Bartolomeo Sorge, che dal 1985 al 1996 diresse a Palermo l’Istituto di Formazione Politica Pedro Arrupe, insieme a padre Ennio Pinticuda.
“Lo conobbi a Palermo quando arrivai nel capoluogo siciliano alla metà degli anni Ottanta. Ci frequentammo spesso e lo ricordo come un uomo tutto di un pezzo, onesto, di idee molto aperte, equilibrato. Non è un uomo che si lascia trascinare dalle passioni. In questo Mattarella è molto diverso da Leoluca Orlando, sindaco di Palermo in quegli anni e anche oggi. Mattarella non è tra i personaggi più nominati di quel periodo, ma fu lui a tracciare la strada. Mattarella appare poco, è una figura discreta. Allora rimase dietro le quinte, però, grazie a un senso molto fine della politica e a un coraggio anche notevole, egli riuscì a fare cambiamenti importanti e a mandare avanti nuove esperienze”, aggiunge Sorge.
In questi burrascosi momenti della politica italiana dilaniata da corruzione, lotte per le riforme, defezioni, mancanza di trasparenza, fanno piacere le parole di Bartolomeo Sorge che descrive il nuovo presidente come “Un uomo di grande coerenza, che non ama esibire la sua fede profonda. Mattarella è un tipo alla De Gasperi, credente, ma laico nell’azione politica. Lo trovo molto in linea con il Concilio e con gli insegnamenti di papa Francesco. Un uomo quindi con radici lontane e adatto al tempo presente”, parole divulgate subito anche da Famiglia Cristiana per la pace degli italiani, che hanno accettato di buon grado il nuovo presidente, come praticamente tutte le forze politiche.
Quasi a non volere avallare paragoni con Giorgio Napolitano, un altro gesuita, padre Francesco Occhetta, ha predisposto sul prossimo numero di Civiltà Cattolica un saggio in cui si elogia Napolitano, “elegante ed introverso, timoniere all’interno e garante al di fuori, sempre con un forte senso di dovere”, sottolineando tra l’altro la sobrietà istituzionale del presidente dimissionario. Sembra che la fulminea elezione di Sergio Mattarella abbia placato gli animi contro la casta, abbia reso vincente un primo ministro mettendo d’accordo le correnti litigiose del Pd, abbia tenuto a bada una destra ricattata e indebolita.
E’ stata sufficiente la sobrietà di un vecchio “grigio” democristiano? La stessa sobrietà di un altro grigio uomo, Vincenzo Monti, festeggiato all’inizio da quanti godevano per la dipartita di Berlusconi, senza accorgersi che stavamo cadendo dalla padella alla brace.
Ci sorge il dubbio che Mattarella, Monti, Fassino, Draghi, Luca di Montezemolo, Luigi Abete, Steffan De Mistura, Carlo Azeglio Ciampi, ma anche Rutelli, Dell’Utri, Rebecchini, Leoluca Orlando, Gabriele Albertini, Gianni de Gennaro ecc. ecc. abbiano come referenti non gli elettori di una nazione sovrana come l’Italia, ma i potenti seguaci di Sant’Ignazio di Loyola.
Certo, le scuole dei gesuiti hanno forgiato uomini politici, banchieri, industriali. Molti bei nomi della classe dirigente italiana hanno affinato il cervello con il severo metodo di Sant’Ignazio, che unisce l’asprezza del combattente alla disciplina degli esercizi spirituali.
In un’Italia dove abbiamo un Papa gesuita, un presidente del consiglio di stretta obbedienza gesuita ed ora anche un presidente della Repubblica diretta emanazione dei gesuiti, vorremmo che i vari padri Bartolomeo Sorge o padre Ennio Pinticuda aiutino a guidare il carro per diminuire la corruzione, il disordine, la criminalità organizzata e non verso la perdita della sovranità, verso le crociate contro l’islam, verso un’organizzazione sociale più controllata ma meno libera.
Noi non siamo stati educati con il severo metodo dei gesuiti, ma in scuole statali che nel corso degli anni hanno perduto la loro leadership culturale sempre più depauperate nei finanziamenti, finiti nelle scuole paritarie. Queste, dislocate in centri nevralgici sul territorio, come mamme amorose coccolano i loro virgulti per la vita intera, tenendoli legati a sé con associazioni di ex alunni ramificate in tutto il mondo, e lasciando loro l’imprinting gesuitico, che siano radicali, come Rutelli, di Forza Italia come Dell’Utri e La Loggia, che siano rivoluzionari come il compagno Fidel.