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La deriva strategica polacca

di Salvo Ardizzone

In Polonia, l’ascesa al potere della destra populista, nazionalista e xenofoba capitanata da Jaroslav Kaczynski ha determinato una svolta della visione strategica del Paese e delle sue alleanze. Il Governo guidato da Beata Szydlo, una creatura di Kazcynski, ha infatti accentuato fino alla caricatura la tradizionale ostilità verso Mosca, spingendola fino ad un irresponsabile revanscismo.

Per conseguenza, la Ue viene criticata aspramente perché giudicata ambigua verso la Russia, permettendo a Paesi come la Germania e la Francia di continuare a fare affari con essa; inoltre, malgrado la Polonia debba il suo sviluppo proprio ai fondi europei elargiti con generosità a scapito delle regioni mediterranee, abbia espresso il Presidente del Consiglio europeo (Donald Tusk) e blocchi ferocemente ogni tentativo di revisione delle sanzioni che danneggiano pesantemente gli altri Paesi membri, sostiene che Bruxelles non tenga nel debito conto gli interessi e l’importanza di Varsavia.

La stessa Nato è duramente criticata per l’impegno giudicato insufficiente nel contrastare Mosca e garantire la sicurezza (e le mire) dei Paesi dell’Est Europa, Polonia in testa.

In questa ottica, il Governo di Varsavia ha messo mano a un riposizionamento delle alleanze, che vede un forte raffreddamento verso Berlino, suo sponsor tradizionale, e un totale allineamento verso Washington, vista come l’unica garanzia nei confronti della Russia. Da questo discende la volontà d’accrescere le spese militari, e di integrare strettamente le proprie Forze Armate con quelle statunitensi, di cui si chiede una corposa presenza sul territorio polacco.

Al momento, le Forze Armate polacche contano circa 90mila effettivi, ma è previsto un aumento che le porti a 120mila, con la possibilità che il Governo le incrementi di ulteriori 10mila unità. A questo s’aggiunge la novità dell’intenzione d’istituire una riserva e una sorta di milizia territoriale, in complesso circa 250/300mila uomini, ma non è affatto chiaro come dovrebbero essere equipaggiati e quale valore effettivo potrebbero avere, se non quello di sfilare alle parate fra bandiere e inni “patriottici”.

E qui si apre il discorso sulle risorse: le spese per la Difesa nel 2016 ammontano già a 8,5 Mld, pari al 2% del Pil, ma passeranno al 2,3% nel 2017 e al 2,5% successivamente, salvo ulteriori stanziamenti di cui già si dibatte. Ma per far fronte alle esigenze di ammodernamento di materiali e mezzi, si è già pensato di varare il Tmp (Technical Modernization Plan), in corso dal 2013 al 2013, su cui dovrebbero confluire almeno il 25% (salvo implementazioni) delle risorse complessive. Insomma, una festa assicurata per le industrie nazionali della Difesa e per le aziende Usa e dei Paesi giudicati “alleati”.

Visto il raffreddamento dei rapporti con Berlino, tradizionale fornitrice di blindati e corazzati, Varsavia vorrebbe far da sé, ma le proprie industrie, malgrado fiutino affari lucrosi, sono lontane dall’avere il know-how necessario. Di qui l’avvicinamento al sistema industriale ucraino (e al suo corrotto sistema d’oligarchi), storico produttore di mezzi pesanti dai tempi dell’Urss, visto come partner naturale per la comune contrapposizione di Kiev verso Mosca. Una partnership che, sulla scorta dei comuni interessi, Varsavia cerca di incrementare in ogni possibile comparto.

Anche la Turchia entra in questo schema, portando per credenziali l’attuale scontro con la Russia: è recente la sua offerta di elicotteri d’attacco; si tratta dei T-129, la variante turca del Mangusta italiano, che Ankara sarebbe felice di piazzare sia per ragioni economiche che politiche.

Ovviamente, chi fa la parte del leone in questo gioco sono gli Usa e le sue aziende: a parte la fornitura di F-16C/D, che solo nel 2016 comporta oneri per 1,2 Mld di euro, c’è il megacontratto per 8 batterie di Patriot al costo stratosferico lievitato da 3,8 a 7 Mld di euro, che non ha per nulla scoraggiato il Governo polacco e fa la felicità dei fornitori a Stelle e Strisce.

Si potrebbe continuare a lungo seguendo le fantasie (meglio: le nevrosi) dei governanti di Varsavia, tuttavia, malgrado il continuo incremento di risorse destinate alle spese militari, le ambizioni polacche sono assolutamente al di sopra delle realistiche possibilità del suo sistema, sia nel breve che nel medio periodo.

Gli scenari geopolitici sono in rapido cambiamento, se dovessero evolvere verso una totale disgregazione della Ue ed un drastico aumento delle tensioni con la Russia, esattamente il quadro verso cui si muove il Governo polacco, Varsavia si troverebbe in una situazione di profonda debolezza politica, per nulla compensata dalle velleità di uno strumento militare comunque abissalmente al di sotto delle capacità necessarie a sostenere le sue politiche in quelle circostanze. Né potrebbe realisticamente affidarsi alla “copertura” degli Usa, storicamente prontissimi ad usare gli alleati/sudditi, salvo piantarli alla bisogna.

Quella polacca è l’eterna deriva dei populismi, fatti per ubriacare i Popoli con slogan vuoti ed erigere monumenti all’ego ed al potere di pochi capi.

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