La Colombia dice No all’accordo di pace governo-Farc
A sorpresa il No sull’accordo di pace tra il governo e il gruppo guerrigliero delle Farc ha prevalso di poco sui Sì nel referendum in Colombia. Con il 99,37% dei seggi scrutinati i voti affermativi si sono fermati al 49,76% dei voti mentre il no ha raggiunto il 50,23%.
Circa 35 milioni di colombiani sono stati chiamati alle urne domenica 2 ottobre per decidere se accettare o respingere gli accordi di pace tra governo e guerriglia marxista Farc. Se al referendum avesse vinto il sì, sarebbe iniziato il processo di smobilitazione della guerriglia sotto l’egida dell’Onu, della Celac e della Unasur.
Dopo 267.162 morti a causa di conflitti armati, 57,265 dispersi, e, secondo le stime dell’agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Unhcr, 6,9 milioni di sfollati interni, la costruzione della pace è iniziata in Colombia il 26 settembre 2016 con gli accordi di pace, durati ben quattro anni.
Una giornata memorabile il 26 settembre, quando Timoleon Jimenez Timoshenko comandante delle Farc-Ep, e Juan Manuel Santos Presidente della Colombia, sotto gli occhi di Ban Ki-moon Segretario generale delle Nazioni Unite, di 17 presidenti e 29 ministri degli Esteri, tra cui il Segretario del Dipartimento di Stato statunitense, John Kerry, e dei rappresentanti del re di Spagna e del regno della Norvegia, ospite Raul Castro, si sono impegnati a Cartagena in Colombia in un accordo che pone fine ad una delle guerre civili più lunghe della storia moderna, che ha bagnato di sangue e devastato la Colombia per 52 anni.
Povertà e ingiustizia al centro della rivolta armata dei contadini nel 1964, quando la nascita delle Farc avviene dopo un feroce bombardamento ordinato dal presidente Guillermo Valencia su 48 famiglie di contadini nella regione Marquetalia. Avevano sfidato i proprietari terrieri dell’epoca che volevano mantenere per sé i vantaggi della schiavitù e del dominio coloniale.
Da allora violenza politica, conflitti civili e atti di guerriglia si sono alternati a tentativi falliti di pace. Come nel 1982 con il presidente Belisario Betancur che apre le porte al dialogo, con le Farc che fondano l’Unione Patriottica, ampiamente sostenuta dal movimento popolare colombiano, massacrata poi da bande armate paramilitari, da narcotrafficanti e proprietari terrieri con la compiacenza o complicità di settori governativi in particolare forze armate e polizia. Dell’Unione Patriottica sono stati assassinati due candidati alla presidenza, sette membri del Congresso, 16 sindaci, centinaia di consiglieri, come migliaia di sostenitori sono stati vittime di orribili massacri: con il genocidio contro l’Unione patriottica ha segnato la rinascita della guerra.
E ancora altri tentativi veri o finti, interrotti in vario modo: bombardamenti sulla sede delle Farc, rafforzamento da parte governativa dell’apparato militare con finanziamenti degli Stati Uniti come il Pian Colombia, amnistie di 23mila paramilitari di basso rango utilizzati come informatori.
C’è voluto molto tempo per arrivare all’accordo. Spinti da Hugo Chavez del Venezuela, le Farc e lo Stato colombiano hanno deciso di impegnarsi seriamente. Nel 2008 Chavez aveva dichiarazioni: “La guerra di guerriglia è storia. In questo momento in America Latina, un movimento di guerriglia armata è fuori luogo”. Voleva che le Farc venissero allo scoperto, partecipassero alle elezioni, e spingessero la Colombia fuori dal suo solco conservatore. Questo speravano di poter fare le Farc.
E’ finita ogni illusione dei contadini che speravano in quella parte dell’accordo relativa ad una possibile riforma della terra e in una democrazia rurale. Parte dell’accordo tra le Farc e il governo colombiano, era di mettere da parte tre milioni di ettari da distribuire ai contadini senza terra e ai piccoli proprietari. Le Farc non otterranno seggi riservati al Congresso e finanziamenti, per trasformarle in un partito politico. I poteri dello Stato non saranno condivisi con la gente di campagna.
Hanno vinto le forze reazionarie alleate contro il referendum. Ha vinto l’immenso sciovinismo di Uribe che durante la sua presidenza perseguì una guerra feroce contro le Farc, e da senatore è stato in prima linea contro l’accordo di pace, deciso a scatenare le famiglie delle vittime della violenza.
Ha vinto in Colombia la stessa linea di Mahinda Rajapaksa, dello Sri Lanka, che ha perseguito una guerra contro le Tigri Tamil, mettendo da parte il processo di pace iniziato nel 2002 e rivolgendosi poi alle sue forze armate per distruggere le Tigri. Il rapporto dell’Onu sulla guerra del governo dello Sri Lanka, ha dimostrato che c’era stato quasi un genocidio. E’ quello che Uribe spera per la Colombia.
di Cristina Amoroso