La Bulgaria in piazza contro la corruzione e la disonestà
Va avanti ad alcuni giorni, anzi da 40 giorni per essere precisi, ma a parte qualche flash di agenzia nessuno ne parla; il riferimento è alla protesta della Bulgaria, che nelle forme e nei numeri, supera di gran lunga quella che nel novembre del 1989 rovesciò il regime comunista. Eppure, a differenza di quanto accaduto in Turchia o in Brasile, nonostante un parlamento assediato ed una popolazione che ha già fatto fuggire a febbraio il vecchio governo, i media occidentali non ne tengono conto. Poche righe, qualche foto, per il resto la protesta di Sofia passa in secondo piano o anche in terza pagina, quasi come un normale fenomeno culturale di questi tempi. Certo, Turchia e Brasile hanno un peso maggiore da un punto di vista politico ed economico, però ricordiamoci che la Bulgaria fa parte dell’Unione Europea, è uno dei membri da oramai sei anni ed i tanti giovani che sono scesi per le strade, simboleggiano pur sempre dei cittadini della comunità europea che da 40 giorni non mollano la pressione sulla scellerata classe politica bulgara.
I numeri del paese, del resto, parlano chiaro: il 38% dei ragazzi vuole emigrare, come accade del resto da alcune generazioni, visto che mediamente ogni famiglia bulgara ha almeno un emigrato all’estero tra i parenti. L’economia è a rotoli, molte infrastrutture sono incomplete, ma soprattutto l’aria che si respira a Sofia, è di quelle pesanti da troppo tempo, una sensazione di una diffusa corruzione che è davvero impelagante nella capitale bulgara e non solo. I cittadini di questo paese a ridosso dei Balcani, vivono da tempo con il fardello di una classe politica fatta da veri e propri oligarchi, pronti a cambiare casacca e pelle pur di rimanere al potere, a quel potere lautamente retribuito e favorito con accordi con una delle mafie più potenti d’Europa, che pian piano sta mettendo ramificazioni in giro per il continente. Un paese quindi, schiacciato dalla corruzione e dal dominio di pochi, che ha bloccato ogni speranza di crescita e di sviluppo armonioso; una popolazione però, che si è stufata parecchio di governi poco trasparenti, di personaggi poco limpidi, di maggioranze di governo variate a seconda di interessi economici e dei vantaggi personali di chi è all’interno dei palazzi della politica.
A differenza di altri paesi europei, nei quali la protesta di piazza è stata preceduta da exploit elettorali di formazioni antisistema, l’insofferenza bulgara è esplosa improvvisamente e non si pone limiti alla sua azione, ma persegue un obiettivo specifico: azzerare la classe amministrativa. Già a febbraio, la piazza si era fatta sentire ed era riuscita a bloccare le misure di austerità prese dal governo guidato da Boiko Borisov, costretto a dimettersi ed a cui è seguito un governo di tecnocrati sostenuto dal centro sinistra (inquietante somiglianza con la situazione italiana e greca); ma i cittadini, oramai non distinguono più destra e sinistra, non vogliono un partito piuttosto che un altro, vogliono che si riparta da capo e così hanno cinto d’assedio il parlamento. Proprio ieri, è dovuta intervenire la Polizia per liberare ministri e parlamentari, rimasti dentro il palazzo governativo ed impossibilitati ad uscire in quanto i manifestanti avevano circondato ogni via d’uscita. L’intenzione era quella di bloccare i lavori d’aula, far capire la pressione che l’ondata di malcontento ha sulla classe politica e la missione è stata sicuramente compiuta, nonostante lo sgombero forzato con la Polizia, a cui sono seguiti scontri che hanno causato 35 feriti.
Oggi il parlamento non si è riunito, il presidente della camera ha annullato la seduta prevista per motivi di sicurezza; la politica, quella corrotta e considerata invincibile fino a pochi mesi fa, si è bloccata, non riesce più ad andare avanti nella sua azione di sciacallaggio per timore della piazza. Un primo risultato per i manifestanti bulgari, che tuttavia andranno avanti fino a quando non avranno la possibilità di scegliere una nuova classe dirigente; un bell’esempio quello di Sofia, che potrebbe contagiare altri vicini europei non certo limpidi in fatto di lotta alla corruzione, come in primis la Romania ed è forse per questo che la protesta dei bulgari viene relegata a dei piccoli trafiletti di giornale. La sensazione, è che i giovani bulgari si stiano muovendo spontaneamente, senza aver dietro, come nel caso brasiliano e, forse, turco altri soggetti che soffiano sulla loro collera; non sembra quindi la classica situazione di una “rivoluzione ad orologeria” pagata profumatamente dall’onnipresente Soros o da altri soggetti interessati a destabilizzare i paesi: sembra anzi la collera di un popolo calpestato da decenni, che potrebbe dare il buon esempio al resto d’Europa.