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Italia: scandalo Imi-Sir, lo Stato condannato a pagare 173 milioni

di Salvo Ardizzone

Ricordate la vicenda Imi–Sir? Fu descritta come la madre di tutte le tangenti: una stecca da mille miliardi delle vecchie lire.

La storia inizia nel 1990; la Sir del petroliere Rovelli, un carrozzone clientelare zeppo di debiti, dopo il fallimento fa causa all’Imi (che allora era statale) perché non aveva concesso i crediti che l’avrebbero salvata.

Entrano in campo avvocati ricchi di “relazioni” come Giovanni Acampora, Attilio Pacifico e Cesare Previti per “aggiustare” la sentenza, e Vittorio Metta, il giudice che si fa corrompere per emetterla nel 1994. L’Imi è costretta a sborsare sull’unghia mille miliardi che gli eredi Rovelli s’affrettano a portare all’estero.

Ma scattano le indagini di Ilda Boccassini e Gherardo Colombo: sfociano in un lungo processo, che ha per appendice quell’altro famoso sul Lodo Mondadori (altra sentenza “aggiustata” a favore dell’ex Cavaliere), con De Benedetti e Berlusconi contrapposti per il controllo di quella casa editrice. Al termine, nel 2006, la Cassazione ha appurato che Metta aveva venduto la sentenza per un miliardo di vecchie lire, e i tre avvocati (Acampora, Pacifico e Previti) avevano ricevuto dai Rovelli 67 miliardi all’estero per i loro servizi.

La banca, che nel frattempo è divenuta privata e si è fusa con il San Paolo divenendo l’Imi San Paolo, a questo punto chiede i danni, accertati dalla Cassazione in 570 ml di Euro.

Gli eredi Rovelli s’accordano per evitare un nuovo processo e versano 160 ml, lo stesso fanno Pacifico e Previti sborsando ciascuno 114 ml (Previti con una serie di assegni provenienti dalle Bahamas e transitati da una finanziaria del Liechtenstein per coprire la provenienza). Mancano all’appello 173 ml di Metta e Acampora che, malgrado il fiume di denaro che è passato per le loro mani, risultano insolventi; ma, poiché Metta era magistrato e il danno è derivato dallo svolgimento delle sue funzioni, ne risponde lo Stato, e lo stesso per Acampora che agì di concerto con lui.

Il 21 maggio, la seconda sezione del Tribunale civile di Roma ha scritto l’ultimo atto di questa sporca vicenda, condannando lo Stato a pagare 173 ml all’Imi San Paolo quale quota di risarcimento per i due. Così, le casse esangui del Tesoro, vuote per disoccupati, cassintegrati e tutti quelli che sono nel disagio, torneranno a pagare ancora, dopo aver scucito i mille miliardi di lirette agli eredi Rovelli (l’Imi, allora era statale e quell’esborso fu una batosta).

Allora come adesso nulla cambia in questa Italia irredimibile, preda di corruttori potenti e funzionari in vendita al miglior offerente. Dello Stato e di un Popolo che continua a subire inerte a nessuno importa.

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