Italia e Giappone uniti sulla distruzione del costituzionalismo
Con la fine della seconda guerra mondiale, che ha segnato l’egemonia politica e culturale degli Stati Uniti e il tramonto della centralità europea, l’influsso del costituzionalismo americano fu fortissimo sulle nazioni uscite da regimi autoritari e totalitari. Sulla strada del costituzionalismo, ossia di una costituzione scritta e rigida, contenente una dichiarazione dei diritti dell’uomo e soprattutto con una corte costituzionale che renda effettivi questi diritti, si sono incamminate l’Austria (1945), l’Italia (1948, ma la Corte è entrata in funzione solo nel 1955), la Repubblica Federale Tedesca (1949) e anche il Giappone (1947).
Sia in Italia che in Giappone in questi ultimi tempi il tema politico fondamentale è costituito dal cambiamento della costituzione, le polemiche sorte a Roma come a Tokyo indicano che si tratta di un problema cruciale.
Cambiare la Costituzione: difficoltà simili tra Italia e Giappone. La via di modificare prima le procedure stesse di revisione suscita polemiche in entrambi i Paesi. Quello che è l’articolo 138 per la Costituzione italiana è l’articolo 96 per la Costituzione giapponese: la norma fondamentale che regola in modo rigido la procedura per la riforma della Carta. I fautori della revisione, in entrambi i Paesi, hanno focalizzato la loro attenzione sulla necessità di una modifica preliminare che renda meno difficoltoso il processo di modifica degli altri articoli, per agevolare tempistica e modalità dell’introduzione di innovazioni.
In Italia si paventa che il vero obiettivo del governo Letta è la distruzione dell’impianto costituzionale per poter cambiare le regole del gioco democratico e assicurare ai partiti il potere e la “mangiatoia” di Stato. Per cambiare la Costituzione senza impedimenti da parte dell’opposizione in Parlamento e senza il consenso dei cittadini, che ne sono i veri custodi, i partiti – sostengono gli oppositori – vogliono cambiare l’articolo 138, per poi potere istituire una Bicamerale per rivedere la Costituzione con statisti del calibro di Berlusconi (o dei suoi “fedeli”, non fa differenza) e di D’Alema e degli altri caporioni del Pd. Per questo è nato il governo di larghe intese che di tutto si preoccupa tranne che risolvere i problemi reali del Paese.
Il governo italiano ha tentato di fatto il cambiamento della costituzione con una discussione in Commissione Affari Costituzionali di soli 55 minuti, per essere poi votato in aula il primo di agosto senza neppure la possibilità di emendarlo, con gli italiani in ferie e con la stampa e le televisioni di Stato asservite e mute, con un colpo di Stato silenzioso, che fallito ha permesso ai più attenti di prepararsi alla “resistenza” a settembre all’insegna di “La Costituzione non si tocca”.
Se in Italia si ricordano le parole di Curzio Malaparte in Tecnica di colpo di Stato, “I colpi di Stato quasi mai ricorrono alla violenza, di solito avvengono in modo apparentemente legale, nel silenzio ovattato delle cosiddette istituzioni”, in Giappone il dibattito sul cambiamento della Costituzione promessa da Shinzo Abe, rafforzato dal successo elettorale del 21 luglio con la conquista anche della Camera Alta, ha provocato un putiferio in patria e all’estero, quando Taro Aso, ex premier e attuale ministro delle finanze ha suggerito, durante un convegno di vecchi falchetti neonazionalisti, di non “forzare” la situazione e di prendere esempio dalla repubblica di Weimar. “Il nazismo è nato con un processo democratico, nel pieno rispetto di una delle costituzioni più progressiste dell’epoca, quella di Weimar”.
L’operazione comunque di attacco alle costituzioni non sarà facile in Italia, dove stanno moltiplicandosi forze contrarie alla revisione della costituzione, come in Giappone dove fin dal 23 maggio scorso si è formato il “Gruppo dell’Art. 96” formato da docenti universitari per ostacolare la “destruction of constitutionalism”, e dove ultimamente è nata a Tokyo l’AIGDC (Associazione italo-giapponese per il diritto comparato), su iniziativa di un gruppo di studiosi italiani e giapponesi interessati al diritto e alla comparazione giuridica tra i due Paesi.