Perché l’Italia è diventata un protettorato di sua Maestà Britannica
Che le mire britanniche sull’Italia fossero nate con la stessa Italia, e che anzi l’Italia e la sua unità politico-territoriale fossero in qualche modo il prodotto delle ambizioni inglesi, sono dati storici ormai chiari anche agli studenti della “buona scuola”. Ma non tutti sono a conoscenza dei documenti desecretati degli archivi londinesi di Kew Gardens, da cui emerge che non è tanto Washington ad ordire piani eversivi per l’Italia, ma è soprattutto Londra che non volendo perdere il controllo delle rotte petrolifere ha ingaggiato una guerra devastante mai interrotta a cominciare dal delitto Matteotti (1924) per arrivare alla morte di Mattei (1962) e di Aldo Moro (1978) tesa a contrastare la politica filoaraba e terzomondista di Mattei, Gronchi, Moro e Fanfani.
Ma non solo il petrolio è il problema, per gli inglesi anche i comunisti sono un’ossessione
Ogni mezzo è valido per contrastare i desideri primari (il petrolio) e le ossessioni (il comunismo) di suo Maestà Britannica, persino arruolando schiere di giornalisti, intellettuali e politici per orientare l’opinione pubblica e il voto degli Italiani.
Un apposito dipartimento del Foreign Office lavora a questo obiettivo, a cui partecipano vecchi amici dei servizi britannici come l’ex partigiano monarchico Edgardo Sogno e l’ex comandante repubblichino della Decima Mas, Junio Valerio Borhese. E arriva l’anno 1976, quando al Pci si aprono le porte del governo. A Londra si progetta un Golpe per bloccare Aldo Moro, in quegli anni lo stratega della politica mediterranea e mediorientale dell’Italia. Il Golpe non viene attuato per alcune opposizioni tedesche e statunitensi e il governo inglese fa da solo, scegliendo un’altra “azione sovversiva”. Si scatena così un’ondata terroristica che culmina nell’assassinio di Aldo Moro.
Molti documenti inediti degli archivi inglesi sono stati consultati e pubblicati in due libri (“Il Golpe inglese” e “Colonia Italia” di Fasanella e Cereghino), alcuni di particolare interesse come quello del gennaio del 1969, in cui un funzionario dell’ambasciata britannica invita il suo governo ad “usare altri metodi” per contrastare la politica mediterranea dell’Italia, che si stava facendo più “aggressiva” nelle aree che Londra considera di esclusivo interesse britannico (Libia e Medio Oriente), troppo aggressiva nonostante la massiccia propaganda occulta esercitata negli anni precedenti dalla macchina dei servizi britannici attraverso il controllo di gran parte della stampa italiana. Troppo aggressiva da meritare una risposta con “altri metodi”.
Purtroppo non sappiamo quali, perché questa parte del documento è ancora oggi protetta dal segreto. Nel 1969 inizia la stagione delle stragi e del terrorismo. A oltre quaranta anni di distanza, in Italia si continua a strapparsi i capelli chiedendo verità e giustizia, si piangono lacrime di coccodrillo ad ogni commemorazione, si indaga all’infinito, si costituiscono commissioni parlamentari di inchiesta, ma NESSUNO fa la cosa giusta e naturale: chiedere ad un governo, in teoria nostro amico e alleato, di confermare o smentire attraverso la desecretazione di un documento, se la sua intelligence ha avuto un ruolo oppure no nella strage di Piazza Fontana.
Perché?
Gran parte dell’informazione italiana ha partecipato alla guerra politica e propagandistica condotta con metodi non ortodossi contro l’Italia da un Paese “amico, di cui sono state le “quinte colonne” interne, quindi non hanno alcun interesse a fare emergere questo aspetto imbarazzante. Quando si tocca il tasto delle azioni “sporche” britanniche, scatta il silenzio.
Quanti e quali son i nomi dei giornalisti, politici, scrittori, filosofi italiani, religiosi, famiglie nobili che hanno collaborato e forse collaborano ancora oggi con il Foreign Office britannico a difesa degli interessi di Sua Maestà Britannica, che considera l’Italia un Paese sconfitto dalla seconda guerra mondiale e quindi un Paese sui cui esercitare il suo protettorato? Nel libro “Colonia Italia” sorprende un interessante elenco di collaboratori, da Renato Mieli a Benedetto Croce, dai cenacoli di Villa Idania a Palazzo Caetani, da Montanelli contro Mattei ai servi segreti di Pio XII, al Cardinale Montini, alla longa manus dei gesuiti.
di Cristina Amoroso