Israele vieta l’introduzione di cemento a Gaza, i palestinesi puntano sul boicottaggio
di Redazione
Le autorità d’occupazione israeliane hanno bloccato la consegna di cemento a Gaza. La motivazione fornita è stata “potrebbe finire a disposizione di Hamas che in tal modo lede gli interessi della sua stessa popolazione”. Cogat, ente di coordinamento delle attività nei Territori palestinesi punta il dito contro Al-Baz, ministro dell’Economia, lo accusa di coinvolgimento nel presunto sfruttamento del cemento per la costruzione dei tunnel. Il ministro palestinese respinge le accuse.
Le Nazioni Unite invitano le parti a rivedere questa decisione dal momento che la Striscia di Gaza ha ricevuto ancora poco rispetto alla previsione di ricostruzione dopo la guerra israeliana del 2014. “Gaza rischia di diventare inabitabile entro il 2020 se la situazione resta invariata”, si leggeva un anno fa in un resoconto Onu.
Sul fronte palestinese si rinforza invece l’azione di boicottaggio anche attraverso iniziative promosse dall’Autorità palestinese che in questi giorni potrebbe far presentare una vertenza nei confronti di un’azienda locale dedita a importare prodotti israeliani di quelli messi al bando un mese fa. I beni proibiti sono quelli dell’azienda israeliana Tnuva, una delle cinque nella lista nera stilata dall’Autorità di Ramallah. La misura risalente a un mese fa voleva essere una risposta a un identica messa al bando che Israele aveva decretato su altrettante (5) aziende palestinesi. Allora Hamdallah aveva parlato di una scelta “razzista e di una manovra per isolare Gerusalemme dal resto dei sobborghi che la circondano”. Nel rispetto del Protocollo di Parigi (1994), in Cisgiordania è riconosciuta la validità di accordi di natura commerciale tra Israele e terzi. Ma Israele si è sempre arrogato il potere di vietare l’importazione di molti prodotti palestinesi verso il proprio mercato.
