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Israele, tecnologie idriche nuova occupazione subdola e strategica

L’azienda israeliana di tecnologie idriche IDE Technologies si sta inserendo al centro dei progetti infrastrutturali sauditi e kuwaitiani, rafforzando silenziosamente la presenza di Israele nel Golfo Persico e aggirando i limiti della diplomazia aperta.

Sotto i titoli dei giornali sulla normalizzazione pubblica, è attraverso impianti di desalinizzazione, sistemi di osmosi inversa e altre tecnologie “civili” che Israele si sta assicurando un’influenza nel settore più critico della regione: l’acqua.

L’incessante sete della Penisola Arabica ha messo in luce una vulnerabilità strategica. Le falde acquifere fossili sono in gran parte esaurite e la desalinizzazione è l’unica soluzione praticabile per sostenere megaprogetti come NEOM, Saudi Vision 2030 e il piano 2035 del Kuwait. Eppure gli Stati arabi, privi di competenze tecnologiche indipendenti, dipendono sempre più da Israele, trasformando una necessità civile in uno strumento di influenza.

Israele utilizza l’acqua per dominare i palestinesi e gli Stati confinanti

Israele ha una lunga storia di controllo dell’acqua come arma. Dal fiume Giordano alle alture del Golan, Tel Aviv ha ripetutamente utilizzato l’acqua per dominare i palestinesi e gli Stati confinanti. Ora, attraverso IDE Technologies, il regime sta silenziosamente estendendo tale controllo ai deserti del Golfo Persico.

Gli impianti di desalinizzazione e i sistemi di osmosi inversa diventano più di semplici infrastrutture: sono punti di accesso strategici, che radicano gli interessi israeliani profondamente nelle economie arabe, nelle catene di approvvigionamento e nella sicurezza nazionale.

Il costo ambientale è elevato. La desalinizzazione tradizionale è ad alta intensità energetica, fa affidamento sui combustibili fossili e produce una salamoia ipersalina che devasta gli ecosistemi marini. Controllando le tecnologie idriche avanzate, Israele si posiziona come indispensabile, traendo al contempo profitto dal degrado ambientale negli Stati arabi.

Questa penetrazione silenziosa segnala anche un cambiamento nella geopolitica regionale. Una normalizzazione soft viene raggiunta non attraverso trattati, accordi pubblici o riconoscimenti diplomatici, ma attraverso la dipendenza dalla tecnologia israeliana.

Con il controllo dell’acqua, linfa vitale delle città e dei megaprogetti del Golfo Persico, Israele acquisisce influenza su economie, popolazioni e pianificazione urbana, senza sparare un colpo o firmare un solo trattato.

In una regione in cui l’acqua è sinonimo di sopravvivenza, la penetrazione della tecnologia israeliana è più di un’impresa commerciale: è un’occupazione subdola e strategica, un oleodotto, una pompa e un impianto a osmosi inversa alla volta. Mentre le élite politiche parlano di sovranità e orgoglio nazionale, la dipendenza dalla tecnologia idrica israeliana ridisegna silenziosamente la mappa del potere del Golfo Persico.

di Redazione

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