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Emirati Arabi: due americani e un canadese detenuti tra finte esecuzioni e torture

di Cristina Amoroso

Gli americani, Kamal e Mohammed Eldarat e il canadese, Salim al-Aradi, con doppia cittadinanza libica e americana, sono stati arrestati insieme a un cittadino libico, Issa al-Manna, nel mese di agosto 2014 e trattenuti in detenzione segreta senza accusa fino a gennaio 2016, quando sono stati accusati di sostenere il terrorismo.

Gli esperti delle Nazioni Unite hanno notato che gli uomini sono stati arrestati in base ad una legge emanata dopo il loro arresto, che hanno avuto un accesso limitato agli avvocati e ai loro fascicoli, e che le confessioni firmate durante la detenzione probabilmente sono il risultato di tortura. Un altro prigioniero, Mosaab Ahmed Abd el-Aziz, un egiziano tenuto nella stessa prigione come gli Eldarat, di recente è riuscito a fare una dichiarazione ad Hrw: “Se mi chiedevano di confessare di venire da Marte a distruggere la Terra, avrei confessato solo per farla finita”.

Le autorità degli Emirati hanno usato sui detenuti tecniche brutali, secondo le prove condivise dal The Guardian. L’evidenza mostra una varietà di tecniche impiegate negli interrogatori di parecchi cittadini stranieri. Secondo le fonti ciascuno dei detenuti ha subito detenzione segreta, scariche elettriche, pestaggi a volte con le verghe, a volte con quello che è stato definito un ring, con il corpo sospeso ad una catena, strappo delle unghie, insetti sulla pelle, secchi di acqua fredda sui prigionieri di fronte ad un ventilatore, privazione del sono per un massimo di 20 giorni, minacce di stupro e molestie sessuali e, in due casi, abuso sessuale. Il giovane Eldarat è stato sottoposto ad una finta esecuzione, lasciandolo appeso per qualche minuto nella sua cella.

I funzionari consolari canadesi hanno documentato “lividi visibili di circa due pollici di diametro sul braccio sinistro e sulla gamba”, del canadese al-Aradi, uomo d’affari di 46 anni, quando lo hanno visitato. Nel mese di agosto dello scorso anno, dopo un anno di detenzione, il gruppo per i diritti umani, Amnesty International, ha pubblicato un rapporto per l’amministrazione,   dichiarando al-Aradi era in gravi condizioni e che aveva bisogno di un trattamento medico rapido.

Al-Aradi, comparso accanto ai due cittadini americano-libici, Kamal e Mohammed Eldarat, in tribunale per la prima volta il 18 gennaio 2016, ha tentato di mostrare al giudice le cicatrici durante la breve udienza. Il giudice ha detto che le sue preoccupazioni sarebbero state ascoltate in un secondo momento.

Padre e figlio, Kamal e Mohamed Eldarat, che, secondo la famiglia, sono stati “rapiti” da casa, affermano di essere sopravvissuti a torture e finte esecuzioni e compariranno di nuovo in tribunale il prossimo 29 febbraio, dopo 505 giorni senza accuse e mesi di silenzio dalla loro famiglia, che temeva ripercussioni.

La figlia maggiore di Kamal ha finalmente rotto il suo silenzio questa settimana: “Mio padre è stato letteralmente rapito da casa”, Amal Eldarat 27 anni, ha dichiarato al The Guardian. Suo padre era un “rapito improbabile”: un agente di sviluppo immobiliare che ha cresciuto la sua famiglia in California e a Londra, ed ha lavorato a Dubai dal 1998 senza incidenti. Ma la notte del 26 agosto 2014, un giorno dopo la notizia che gli Emirati Arabi Uniti e l’Egitto erano intervenuti nella guerra civile in Libia, con attacchi aerei, diverse auto nere hanno circondato la casa degli Eldarat a Dubai.

Dal 2011, quando alcuni Paesi arabi, tra cui la Libia, hanno iniziato a vedersi inghiottiti in proteste anti-governative, gli Emirati Arabi Uniti hanno esercitato un giro di vite sulle opposizioni che  chiedeva riforme democratiche nel Paese e sono intervenuti all’estero, con attacchi aerei in Libia insieme all’Egitto a sostegno delle fazioni orientali, e l’anno scorso con l’Arabia Saudita contro lo Yemen.

Organizzazioni per i diritti umani hanno criticato la situazione dei diritti del Paese, criticando la mancanza di istituzioni democraticamente elette, condannando le sparizioni forzate di cittadini stranieri e cittadini degli Emirati, i numerosi casi di tortura in carcere, e la negazione ai detenuti del diritto a un processo rapido.

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