Israele, marcia contro l’occupazione
Centinaia di palestinesi e israeliani hanno marciato insieme per protestare contro l’occupazione israeliana dei Territori Palestinesi. La manifestazione del venerdì, che ha visto la partecipazione di circa 400 persone, era diretta verso uno dei tanti check point che nei territori palestinesi occupati, che rendono difficile, se non impossibile, la viabilità quotidiana dei palestinesi. L’obiettivo della marcia era quello di bloccare la Route 60, l’autostrada principale che collega Gerusalemme con Beit Jala e con gli insediamenti di Gush Etzion ed Hebron. La polizia israeliana ha scortato la manifestazione lungo tutto il percorso, tra gli sguardi contrariati dei coloni.
Alla fine del tragitto, il leader del partito Movimento arabo per il cambiamento, Ahmad Tibi, ha tenuto un discorso in cui sottolinea come questo genere di manifestazioni congiunte tra palestinesi e israeliani siano la risposta più efficace all’occupazione. “Noi siamo il messaggio di pace e speranza per un futuro diverso per i nostri figli”, ha concluso Tibi.
Il processo di legalizzazione degli insediamenti
Tibi ha anche concentrato l’attenzione sulla “Formalization Bill”, un disegno di legge per la legalizzazione di circa 55 avamposti considerati illegali anche dalla Knesset, il Parlamento israeliano. Se approvato, avrebbe effetto retroattivo e porterebbe alla confisca definitiva i circa 8000 dunam (più di 500 ettari) di terreno palestinese. La nuova legge agirebbe anche su 3125 unità abitative aggiunte a insediamenti già esistenti, ma comunque illegali secondo il diritto internazionale.
Secondo l’associazione israeliana Peace Now, “la legalizzazione degli avamposti non è soltanto l’approvazione, con effetto retroattivo, di provvedimenti già esistenti, ma fungerebbe da semaforo verde per le future costruzioni illegali, il che significa che il governo legalizzerà retroattivamente la costruzione illegale.”
La continua costruzione di insediamenti illegali è il più grande ostacolo per una possibile soluzione a due Stati, interrompendo di fatto qualunque continuità territoriale palestinese. Idem per un possibile Stato binazionale, con uguali diritti per israeliani e palestinesi, che non potrebbe fare a meno dello smantellamento di ogni insediamento. Date queste premesse, risulta evidente come le colonie rappresentino il principale blocco per un processo di pace ormai agonizzante.
Fonte: 972mag.com
di Irene Masala